A CENA CON OLIVER STONE, TRE PREMI OSCAR E UN ANIMO SEMPLICE

DI GIOVANNI BOGANI

 

Oliver Stone, quali sono i suoi cibi preferiti?

“La cucina asiatica: thai, cinese, giapponese, vietnamita, coreana: sono piatti deliziosi, semplici, speziati, che danno la gioia di vivere. E insieme a quelli, la cucina italiana, naturalmente. Che cosa è questa granseola di cui tutti parlano?”.

Andare a cena con Oliver Stone non capita tutti i giorni. Il regista tre volte premio Oscar è passato da Venezia, a presentare insieme alla giornalista Silvia Bizio la sua autobiografia, “Cercando la luce”. Siamo stati abbastanza fortunati da cenare con lui.

Ha sempre desiderato fare il regista, nella sua vita?

“All’inizio sognavo di fare lo scrittore: leggevo un sacco, e a quattordici anni avevo scritto già un romanzo, e a diciannove ne avevo fatto uno che fu rifiutato da tutti gli editori. Mi dissi: non tenterò mai più di fare il romanziere”.

La sua vita familiare come era, da ragazzo?

“I miei genitori hanno divorziato, quando andavo ancopra a scuola. Ero figlio unico, così la nostra famiglia si è disintegrata: non è stata un’adolescenza felice”.

La sua carriera ha avuto degli alti e bassi: quali ricorda come i momenti più delicati?

“Per anni Hollywood ha rifiutato le mie sceneggiature, e i miei film non hanno avuto nessun successo. Poi nel 1986 feci un film girato nella giungla filippina, con un basso budget ma ambizioni spropositate. Dopo essere stato rifiutato una dozzina di volte in dieci anni, quel film riuscii a farlo. E intercettai il clima che si respirava in quel 1986. Si chiamava ‘Platoon’: era il racconto realistico di un incubo di guerra, che avevo vissuto in prima persona. Fu celebrato, con mia enorme sorpresa, con l’Oscar per il miglior film e con l’Oscar per me, come regista. Da allora la mia vita non è stata più la stessa”.

Come vede oggi la sua carriera?

“Ho avuto successi e fallimenti, che come dice Kipling nella lettera a suo figlio, sono entrambi impostori. Hollywood è una industria cinematografica rivolta solo al profitto, e può consumare le anime fino all’osso”.

Lei non ama Hollywood.
“Hollywood mi detesta: ma non quanto io detesto Hollywood!”. Ride fragorosamente, con quella risata ancora da ragazzo.

Ha visto dei film, in questi giorni che ha passato a Venezia?

“Sono riuscito a vederne uno, alle Giornate degli autori: ‘Est’, un film italiano con degli attori giovani. Un film molto semplice, e per questo molto affascinante. Una storia di tre giovani italiani che fanno un viaggio in Romania alla fine degli anni ’80 e finiscono in un mare di guai”. Il film è diretto da Antonio Pisu e prodotto da Paolo Rossi Pisu: sono i due figli dell’attore Raffaele Pisu, comico gentile e perbene della tv in bianco e nero.

C’è una scena a cui è particolarmente legato, nei suoi film?

“Molte, ovviamente. Ma il monologo di Al Pacino in ‘Ogni maledetta domenica’, quello in cui lui, allenatore di una squadra mediocre, nell’intervallo carica i suoi ragazzi a dare tutto per conquistare ogni singolo centimetro di campo… beh, quello è un po’ il paradigma anche della mia vita”.

I momenti più belli?

“Ho avuto tante soddisfazioni, nella seconda metà della mia vita. Ma non ho mai avuto tanto entusiasmo e tanta adrenalina come quando non avevo un soldo. ‘L’unica cosa che i soldi non possono comprare è la povertà’, mi disse una volta un mio amico. Se vivi senza soldi, è come vedere una guerra dal punto di vista di un soldato: quello che nel cinema si chiama l’occhio del verme, l’inquadratura da terra: e tutte le cose le apprezzi molto, molto di più”.

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