A proposito di ciò che non appare

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Quando osserviamo un’opera d’arte, difficilmente ci soffermiamo sulle difficoltà affrontate per realizzarla; o meglio, ragioniamo sull’abilità tecnica dell’artista o sulla sua indomita creatività, ma raramente pensiamo a ciò che materialmente è occorso per portarla a compimento: dal reperimento dei materiali, ai permessi per installarla, ai costi di trasporto, insomma all’invisibile ‘dietro le quinte’ che ha reso possibile il risultato.

Ne sapeva qualcosa Michelangelo, al quale il blocco di marmo da cui scolpire il David non era certo piovuto dal cielo. È vero che l’aveva ottenuto praticamente a costo zero, ma soltanto poiché considerato inutilizzabile dopo l’abbandono di illustri scultori che avevano tentato di lavorarlo senza successo.

Si era in tal modo reso necessario un preventivo lavoro di restauro, oltre alla costruzione di un cantiere ad hoc per poter operare indisturbato al riparo di sguardi indiscreti ed al definitivo trasporto in Piazza della Signoria, senza mai ovviare agli obiettivi rischi di fragilità e rottura del materiale.

Oppure Ulay e Marina Abramovich, i quali, negli anni Ottanta, elaborano il progetto The Lovers, decidendo di percorrere separatamente La Grande Muraglia cinese, partendo dalle opposte estremità, per ricongiungersi al centro e confermare il loro amore.

Purtroppo la lunga trafila di autorizzazioni necessarie per procedere all’esecuzione, a causa di vicissitudini a dir poco galeotte, finisce per incidere definitivamente sul loro rapporto, e l’incontro terminerà in un lungo addio.

Christo, l’artista di origine bulgara, famoso per impacchettare i monumenti, intervistato per Elle, nel 2016, da Paola Centomo, non esita nell’ammettere come la parte più complessa dei suoi progetti artistici consista nella trafila dei permessi.

Ventitré anni per impacchettare il Reichstag di Berlino – attesa ampiamente ripagata dal grandioso risultato di cinque milioni di visitatori – e ben ventisei per The Gates, a New York: una infinita tenacia, spesso premiata, ma tante volte delusa – saranno ben trentasette le opere ideate mai portate a compimento – ed è il motivo per cui, nel 2009, di fronte alla scomparsa della collaboratrice e compagna di vita Jeanne-Claude, Christo comprende come il tempo, complice la sua non più giovanissima età, gli stia sfuggendo ed occorra imprimere un’accelerazione ad alcuni progetti.

In particolare desidera realizzare The Floating Piers, un immenso pontile galleggiante – 220mila cubi di polietilene ad alta densità avvolti in settantamila metri quadrati di tessuto giallo – che nella splendida cornice del Lago d’Iseo collegheranno Sulzano a Monte Isola e all’isolotto di San Paolo.

È il terzo tentativo, dopo i fallimenti del 1970, sul Rio de la Plata in Argentina, e quello del 1995, in Giappone, e sono sempre le lungaggini burocratiche a mettersi di traverso, ma stavolta, grazie al curatore dell’opera, nonché amico, Germano Celant, il quale lo mette in contatto con le autorità del lago e con la famiglia Beretta, proprietaria dell’isolotto di San Paolo, le cose sono destinate ad andare diversamente, e dopo un percorso, finalmente, proficuo, ed un investimento di 15 milioni di dollari, The Floating Piers vede la luce.

Sedici giorni per viverla ed ammirarla, gratuitamente – è desiderio di Christo che sia un’esperienza di gioia per tutti – e poi smantellarla: qualcosa che potrebbe apparire ai più come un controsenso, ma non a chi è in grado di cogliervi la preziosità di ciò che, nelle stesse parole dell’autore, non può appartenere a nessuno, nemmeno al suo creatore. Destinata a vivere esclusivamente nel ricordo.

Nessuno sponsor – l’opera è finanziata con la vendita del progetto – nessun volontario: ogni collaboratore riceve un regolare compenso, mentre la location viene regolarmente affittata per evitare interferenze di qualunque tipo ed il riciclo dei materiali rimane a carico dell’autore.

Un’idea di bellezza supportata dalla più sofisticata tecnologia, con un guadagno tuttavia impagabile: il sorriso e lo stupore dei visitatori, stupefatti ed attoniti quando Vladimir, nipote e collaboratore dell’artista, manovra nei pressi dell’installazione con un motoscafo, provocando quelle onde che rendono il percorso instabilmente magico.

A proposito di ciò che non appare, ma senza cui le cose sarebbero obiettivamente più difficili per non dire impossibili – interventi tecnici, manodopera, personale coinvolto materialmente nei meandri dell’iter burocratico tra udienze pubbliche, sessioni di corti supreme e quant’altro – merita una speciale menzione l’album del Consorzio Suonatori Indipendenti, Ko de mondo, registrato tra agosto e settembre 1993, in Bretagna, presso il manoir Le Prajou, in Finistére, che alla sezione ringraziamenti, oltre ai musicisti partecipanti, riserva una doverosa visibilità alla signora Daniela Algeri, preziosa responsabile di vettovaglie e fornelli…

Christo, The Floating Piers, Lago d’Iseo, 18 giugno – 3 luglio 2016
Immagine: web

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