A proposito di donne, denunce e delusioni

DI MARIALUISA VILLA

Pochi giorni fa è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Se n’è parlato ovunque: nei negozi, alla radio, sui social, in televisione. In ogni luogo si sono spese parole di sdegno, si sono elencati i nomi delle vittime di questa mattanza, si sono esposte scarpe rosse, trasmessi film sull’argomento, dibattiti su come sia devastante questo fenomeno.

E su tutto, la raccomandazione di denunciare le violenze, l’esortare le donne a parlare con le autorità quando succedono questi episodi. Per essere protette. Per essere “tutelate”. Tutelate? Forse prima di raccomandare alle donne di chiedere aiuto andrebbero modificate le leggi.

Perché una donna che denuncia ha ancora più paura di prima dopo averlo fatto. Perché quando lo fa, le viene detto che se non ha “segni evidenti sul corpo” e una “relazione di un medico del pronto soccorso che rileva una violenza subita” , le autorità non possono fare nulla.

Quindi, quando gli schiaffi, gli spintoni e la violenza verbale diventano pugni con lividi evidenti, la donna può tornare e denunciare, sperando di essere così al sicuro. Peccato che non è proprio così. Perché l’unica cosa che possono fare le autorità dopo la denuncia, che deve essere fatta con testimonianze che documentino l’avvenuta violenza, è quella di “intimare al soggetto di non avvicinarsi più alla donna”.

Certo. Perché uno che suona una donna come un tamburo si spaventa a tale imposizione e sicuramente le starà lontano. E invece no. Perché il grande uomo si innervosisce ancora di più, perché “lei” ha osato denunciarlo, metterlo in una posizione scomoda, come se fosse un delinquente! Lui, che la ama così tanto!

In fondo, se lui ha avuto una reazione così forte da arrivare a spaccarle la faccia e romperle un braccio, è solo perché lui la adora ed è geloso! La colpa è stata della SUA donna, che veste con quei pantaloni attillati per attirare lo sguardo degli altri uomini!

E così, dopo aver subito, magari per anni, e dopo aver denunciato, invece di sentirsi protetta la donna continua ad essere terrorizzata, fino a quando il simpatico soggetto che le ha rovinato l’esistenza decide, in un raptus di follia, di non rispettare la diffida di allontanamento.

La raggiunge a casa, in un negozio, per strada, e la massacra di coltellate. Fine della storia. Lei aveva denunciato, lei aveva supplicato di essere aiutata, tutelata, protetta. Ma non è stato così. Allora, prima di esortare una donna a denunciare, cambiate le leggi.

Quando una donna denuncia è perché è già sprofondata nella melma e ha bisogno che il mostro che la minaccia sia rinchiuso in un posto dove non possa nuocere. Perché un uomo che picchia una donna non ha diritto alla libertà. Deve essere punito, subito. Solo così le donne potranno dirsi veramente libere.

Immagine tratta dal web

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità