Acqua azzurra, acqua chiara

DI FABIO BORLENGHI

 

 

Ero ancora ragazzo quando ne rimasi affascinato. Durante una gita primaverile in Umbria con i miei genitori, direzione Cascia, fu deciso di fermarsi a pranzo in una trattoria lungo la strada poco dopo l’abitato di Triponzo.

Un prato verde, con l’erba alta, separava il manto stradale da un filare di alberi uniti fra loro da una striscia di vegetazione verde scuro che sembrava stesse lì per proteggere qualcosa di prezioso.

E così, spinto dalla curiosità, m’inoltrai da solo nel campo e camminai, con difficoltà per via delle scarpe inadatte, verso quel muro verde.

Una volta arrivato alla fine del campo iniziai a farmi largo con le mani avanzando in mezzo alla vegetazione.

Scostati gli ultimi rami, mi trovai davanti a una visione tanto insolita quanto incantevole: una corrente d’acqua limpidissima, con la superficie appena increspata, scivolava veloce davanti ai miei occhi producendo un debole suono.

Per alcuni minuti rimasi fermo sul posto in contemplazione di tanta bellezza naturale. La trasparenza dell’acqua era tale da permettere di vedere il fondo della corrente con il suo letto di sassi, piccoli e grandi, alcuni chiari e altri scuri.

L’aria era piena del profumo dei salici che sfioravano la corrente appoggiandosi al corso d’acqua. Un ultimo sguardo a quel capolavoro e andai via, lasciando alle mie spalle quel tesoro appena scoperto.

Avevo visto da vicino il Corno, torrente montano che nasce nel Lazio alle pendici del Terminillo, nella Vallonina, per entrare poi in Umbria serpeggiando fino a congiungersi col fiume Nera proprio all’altezza di Triponzo, nella media Valnerina.

Negli anni a seguire ebbi modo più volte di trovarmi a contatto con acque cristalline di torrenti e fiumi del centro Italia, andando a pesca di trote.

In quelle uscite, lo stare in acqua con gli stivali, avvertendo fisicamente la spinta della corrente sulle gambe, significava essere immersi in un mondo nuovo, per alcuni aspetti quasi estraneo alla terra ferma; un po’ come navigare su un battello di fiume o in mare su un’imbarcazione.

La bellezza di questi corsi d’acqua di montagna non viene meno quando il torrente si trasforma in fiume, passando dalla sua adolescenza alla maturità.

Molteplici sono le forme che assume un corso d’acqua alla vista di chi lo osserva mentre lo risale.
Ora è “correntino”, con un ampio letto a fondo sassoso, la superficie molto increspata e un livello contenuto.

Ora invece è “correntone”, fratello maggiore del precedente, più stretto e profondo, con la superficie della corrente meno increspata. Poi nelle curve il fiume forma profonde “buche” color smeraldo, dove l’acqua disegna spirali infinite.

Ancora il fiume cambia vestito allargandosi e rallentando la corrente, questa volta dando spazio a una fitta vegetazione sommersa, di un verde brillante, che dal fondo arriva a lambire la superficie dell’acqua ondeggiando ritmicamente un po’ a destra e un po’ a sinistra, come un magico pendolo naturale.

E’ qui che nelle calde sere d’estate, nel tardo pomeriggio, fermi con gli stivali in mezzo al fiume o seduti sulla riva, si può ammirare uno spettacolo davvero unico: la schiusa delle effimere.

Si tratta d’insetti che svolgono il loro ciclo vitale nei pressi dei corsi d’acqua dolce, purché non inquinata.

Dopo un lungo periodo trascorso sul fondo del fiume o torrente nello stadio larvale, attraverso la fase della muta, questi insetti, una volta guadagnata la superficie della corrente, raggiungono lo stadio adulto.

Inizia così lo spettacolo. Decine, centinaia d’insetti volano sulla verticale dell’acqua, con un volo ritmicamente ondulato, ora su e ora giù, con i maschi che cercano spasmodicamente le femmine con le quali accoppiarsi in volo.

Una volta avvenuto l’accoppiamento, esaurita la breve unione, le femmine depongono le uova in acqua per poi posarsi esauste sul pelo dell’acqua lasciandosi trascinare dalla corrente così come i loro compagni, al termine della loro esistenza.

Sono i momenti in cui il fiume si accende della breve vita delle effimere per poi spegnersi insieme alla luce del giorno.

E’ ormai sera, l’acqua è più udibile che visibile, e ogni tanto la superficie, qui e là, si squarcia all’improvviso…una trota ha “bollato” fuori dell’acqua nel ghermire il corpo di un’effimera.

Questi ambienti naturali, nel tempo, sono arrivati a noi con un discreto livello di conservazione, mentre a valle l’impatto antropico si è fatto sentire. Gli habitat montani in gran parte resistono all’assalto dell’uomo grazie alla morfologia dei luoghi, vera barricata naturale.

S’è fatto buio, il fiume è ormai lontano quando piccole luci intermittenti sembrano volerci indicare la strada. E’ tempo di lucciole..

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