Addio a Gigi Proietti, oggi avrebbe compiuto 80 anni

DI GIOVANNI BOGANI

Addio a Gigi Proietti. Ci hai insegnato allegria, dignità, generosità. Grande attore, mai primadonna. Gentile, garbato, attento agli altri.

Questa primavera, parlando del covid e del teatro shakespeariano di cui eri direttore a Roma, non facevi che pensare agli altri: le maestranze, i piccoli attori, i tecnici.

E’ davvero un dolore.

Qui sotto, se volete, l’intervista che gli feci, su zoom, appena questa primavera.

Gigi Proietti sorride, con quel suo sorriso che rasserena anche le nuvole.

Ha un maglioncino grigio, girocollo, di quelli che fanno compostezza sobria, tono su tono con la chioma folta, sale e pepe.

È alla sua prima conferenza stampa su Zoom, nel salotto di casa, accanto alle figlie Carlotta e Susanna. È sereno, ma anche lui provato dall’emergenza. “Non penso tanto a me, quanto a tutti i lavoratori del teatro, alle loro famiglie. A quelli che aspettavano l’estate per ripartire con il Globe theatre”.

“Noi saremmo pronti pure domani a ripartire. Ma come?”, si chiede, con estrema semplicità. “Il teatro di cui sono direttore artistico potrebbe ripartire, il giorno in cui sarà dato l’ok, anche con il pubblico distanziato, e quindi con un terzo dei posti occupati.

“Ma ci chiediamo: potremmo farcela? Non navighiamo nell’oro, e gli spettatori sono fondamentali, tutti. E poi, anche la gente non tornerà subito ad affollare i teatri. Tutti aspettano di ripartire: ma prima che il pubblico si riabitui, passerà del tempo, ne sono sicuro”.

Intanto, però, Gigi Proietti presenta un progetto di cui possiamo godere tutti anche stando a casa. Visitando, per così dire, il Silvano Toti Globe Theatre: cioè il teatro che, a Villa Borghese a Roma, è un vero e proprio tempio shakespeariano. E di cui lui, Gigi Proietti, è direttore artistico fin dalla sua nascita, nel 2003.

Il teatro apre al mondo i suoi cassetti, le sue stanze segrete.

Qual è, Proietti, il “suo”Shakespeare preferito, o quello che le manca?

“Mi manca un Amleto. È il personaggio che non ho mai interpretato. E per me, ‘Amleto’ è il testo teatrale, o forse persino il testo letterario, più importante del millennio.

Non ho mai fatto neppure un Riccardo III, ed è ovvio che adesso non ho più l’età. Mi accontenterei, quest’anno, di riprendere ‘Edmund Kean’, l’omaggio a Shakespeare che avevo portato in scena lo scorso anno, o magari un giorno potrei fare un re Lear. Ma intanto bisognerebbe sistemare il teatro, dopo le intemperie invernali”.

Al cinema che cosa ha fatto recentemente?

“Eh, avevo appena finito le riprese di un film, ‘Io sono Babbo Natale’ con Marco Giallini, quando è iniziata la quarantena. Anzi, all’ultimo giorno ci siamo pure abbracciati tutti per festeggiare! E poi ci è venuto a tutti il patema…”. Sorride, con quel sorriso che ti fa navigare un po’ più tranquillo, nel mare agitato di questi giorni.

Miglioreremo, dopo questo tsunami sanitario, esistenziale, emotivo?

“Ma io non mi trovo tanto male neanche adesso”, dice ridendo. Poi, serio: “Non lo so. Non credo che l’uomo cambi facilmente. Non credo che non ci sarà più corruzione, non credo che il virus ci migliorerà. Già adesso, c’è chi ha lucrato sui costi delle mascherine, per dire solo la più piccola delle magagne”.

Che cosa dovremmo fare?
“Partecipare di più alla vita politica. Libertà è partecipazione, diceva uno che aveva capito molte cose, Giorgio Gaber. Dobbiamo avere il coraggio di alzare la voce, di farci sentire, di forzare un po’ la mano al potere. Ma soprattutto dovremmo tutti essere più responsabili e fare sentire di più la nostra voce. Io per primo”.

Foto tratta dal webPubblicità

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