Addio a Paolo Rossi, un pezzo della nostra vita

DI GIOVANNI BOGANI

Anche Paolo Rossi. Io non ho più fiato per riavermi.

Lo avevo avuto ospite gentile, intelligente e garbato ad un festival su calcio e cinema. Ero pieno di gioia per la sua presenza: e lui venne, si raccontò, rimase a cena. Qui un breve estratto dell’intervista che facemmo, al Museo del calcio del dottor Fino Fini.

Paolo Rossi era leggero, era svelto, era giovane. Paolo Rossi ha vinto un Mondiale quando sembrava non dovesse nemmeno giocarlo. Paolo Rossi faceva goal che sembravano di una semplicità assurda, ma impensabili solo un attimo prima. Paolo Rossi faceva l’impensabile, con quelle gambette magre, quando il calcio ancora non era questione di muscoli e potenza, ma di guizzo, di genio, di lucidità.

Paolo Rossi era riuscito a rendere speciale anche il nome più comune del mondo. Paolo Rossi era magro, riccioluto e pronto a colpire: era, per me, come il David di Michelangelo.

E poi era giovane, porca miseria. Era sempre giovane, ironico, lieve, anche adesso che commentava le partite.

Sei stato un pezzo della mia vita, della nostra vita.

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