Ai posteri

DI ANTONIO MARTONE

 

È possibile che la grande storia sia finita da un pezzo e, con essa, sia ultimata anche la possibilità di tramandare ai posteri imprese memorabili.
Ogni tempo, però, non può non lasciare qualche traccia di sé. Sono pertanto convinto che, se per qualcosa questo nostro tempo verrà ricordato, sarà per l’immane produzione di immondizia – materiale, culturale o artistica che sia.

Da tempo abbiamo fatto la nostra scelta. Da secoli l’umanità ha deciso che la quantità e il numero fossero più importanti della qualità. La qualità aveva bisogno di tempo per essere elaborata (ed era sempre personalizzata), il numero e la quantità invece si accrescono facilmente (soprattutto quando si è messo mano alle immani produzioni seriali) sebbene abbiano di peculiare il fatto di essere inevitabilmente destinati ad invecchiare rapidamente e, dunque, a diventare presto spazzatura.

Alla radice di un’antropologia senza storia e senza senso, quale quella contemporanea, vi è una scelta originaria fondamentale: il desiderio irrefrenabile di produrre una (non) qualità, e dunque una quantità, che diventa presto spazzatura. Insomma, l’antropologia del nostro tempo produce ciò che è già morto dalla nascita e che, nel momento in cui nasce, sa già che sarà apprezzato soltanto perché non dura.

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