Alla ricerca di una nuova umanità

DI MARCO ZUANETTI

Alla ricerca di una nuova umanità per uscire dalla crisi dalla parte giusta.
Le logiche si capovolgono.
Vecchi paradigmi mostrano la corda, nuovi equilibri chiedono d’essere assunti. Siamo di fronte a un cambiamento che più che sociale è antropologico.

È in gioco una nuova visione di uomo.
Pensare alla fragilità come frammento prezioso dell’animo è un dovere etico attraverso il quale ritornare ad essere umani.
Virtù potente per una società migliore, essendo un farmaco alla degradazione della politica.

Eugenio Borgna, psichiatra-filosofo-scrittore, attraverso un breve saggio “La fragilità che è in noi”, ricorda che così come la sofferenza passa , ma non passa mai l’avere sofferto, così la fragilità “è un’esperienza umana che, quando nasce, non mai si spegne in vita e che imprime alle cose che vengono fatte, alle parole che vengono dette, il sigillo della delicatezza e dell’accoglienza, della comprensione e dell’ascolto, dell’intuizione dell’indicibile che si nasconde nel dicibile”.

Ammesso che, l’uomo di Ungaretti era un uomo attaccato nel vuoto su di un filo di ragno; l’uomo del pensiero totalitario moderno è forte, sicuro, dinamico, dominante, un uomo non umano.
Allora perché dimenticare, occultare, se non sopprimere la natura umana? Perché essere altro da sé nel frustrante ed irrealizzabile tentativo di simulare modelli falsi e generali?
In primo luogo perché distaccarsi dalla dimensione umana, aspirando e sperando di divenire l’uomo dell’immaginario comune che procura sicurezza, in quanto si avverte di essere accettati dalla generalità.

Inoltre vi è l’ingannevole convinzione che tale processo di disumanizzazione possa alleggerire l’animo umano, poiché induce a dimenticare la propria mortalità, immaginando di aver intrapreso la via per l’onnipotenza. Infine perché l’uomo privato della propria umanità è un essere non pensante, con meno complicazioni e di ciò si cura la nostra società.
Tutte sciocchezze illusorie.

In realtà rinnegare la prima condizione dell’umanità, ossia la fragilità, genera solo una visione distorta e mai realizzabile dell’uomo, che non può provocare altro se non malessere e indicibili disastri.
Ed è questo il terreno arido in cui fiorisce il potere.
Un terreno in cui non è il potere con forza che spoglia l’uomo delle proprie fragilità, ma in cui è questo stesso che se disfa perché ha fede nella promessa di uomo meno uomo.

Pensare dunque alla fragilità come frammento prezioso dell’animo è un dovere etico attraverso il quale ritornare ad essere umani.
E poiché Umani il Potere deve e dovrà Temere, comunque,
l’ira dei miti.

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