Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne con cappello

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Amedeo Modigliani, la Scuola del Nudo, l’Accademia di Venezia, poi, pur avendo già appreso le tecniche basilari della materia, la Scuola Libera del Nudo di Firenze.

Questo siamo abituati a ricordare e rievocare a proposito di Modigliani: anni di studio intenso, e proficuo in cui l’artista plasma e sviluppa la propria personalità, coniugando, come da lui stesso dichiarato, il disegno costruttivo fiorentino al colore veneto.

Gli anni dal 1916 al 1918, saranno estremamente produttivi dal punto di vista pittorico, complice un abbandono forzoso della scultura, causa salute cagionevole e problematica.
Giovani donne: nude, in camicia, in primo piano; tutte dirette ad arricchire una serie di mirabili ritratti non provenienti da committenti, al contrario di persone conosciute realmente.

Soggetti con cui l’autore condivide sensazioni e sentimenti, a volte amore e sofferenza. È verità. Quella vera autenticità che promana da opere vissute di tratti. Linee che delineano e segnano senza ulteriori sviluppi, nell’essenzialità di immagini vive di un presente senza un domani.
E forse senza nemmeno un passato.

Dipinti, di primo acchito, quasi monotoni: realizzati in posizioni similari, in realtà caratterizzati da notevoli aspetti psicologici; dolci e malinconici, costantemente intensi. Scavano nella personalità stessa dell’autore, il quale deforma innaturalmente le figure ricercandone la perfezione stilistica.

Nu couché (sur le côté gauche), uno dei suoi dipinti più grandi e particolari – 147 cm. di base, ma soprattutto l’unico che contenga l’intera figura ritratta dentro la tela – apparterrà a quella serie di nudi entrati nella storia grazie allo scandalo suscitato in seguito all’esposizione, nel 1917, presso la Galerie Berthe Weill di Parigi: una mostra lampo, chiusa lo stesso giorno dell’inaugurazione a causa delle proteste della gente, con i nudi in questione qualificati come osceni dalle autorità francesi.

In quell’anno, considerato un anno d’oro per l’artista, Modigliani realizzerà ben ventidue nudi, di pregevole fattura e catturati nelle pose più diverse.
Ma le modelle ritratte, come di consueto, sono solo semplici modelle: Modì ha un’unica musa, Jeanne Hébuterne, detta Noix de coco, per i suoi capelli castani in contrasto ad una carnagione bianchissima, grande amore della sua vita che sceglierà di seguirlo, nel suo tragico destino, gettandosi dal terrazzo del loro alloggio, incinta di nove mesi.

L’amore troppo puro che li lega non consente, tuttavia, all’artista di ritrarla senza veli o in pose discinte, limitandosi a casti ritratti mai provocanti: quel nudo sdraiato, come dichiarato da Simon Shaw, responsabile del Dipartimento Impressionismo e Arte Moderna della casa d’arte inglese Sotheby’s, rimane un dipinto in grado di ricreare l’immagine del nudo in epoca moderna, con modelle protagoniste forti della propria personalità – si voltano verso l’osservatore incrociandone lo sguardo ed instaurando un legame magnetico cui lo spettatore difficilmente riesce a sottrarsi – si conferma come opera davvero innovativa, originata dai nudi classici, in seguito snodata attraverso una storia storia a cavallo tra le epoche, in grado di riunire le culture più differenti, da quelle rinascimentali alle avanguardie cubiste, ed è uno dei motivi per cui si dice che siano tali da fungere da spartiacque, affermando come esista un nudo prima e dopo Modì.

Jeanne è altro: lei non appartiene a quelle visioni. È diversa. Per certi versi è ancora quella fanciulla timida e raffinata che il fratello André, nel 1917, ha avvicinato alla comunità di Montmartre.
Reduce da un’esperienza presso la prestigiosa Académie Colarossi, fondata dall’omonimo scultore italiano, la giovane Jeanne conosce diversi artisti, tra i quali appunto Amedeo Modigliani, e da quel momento le loro vite risulteranno indissolubilmente intrecciate.

Dalla vita alla morte: vive in quella donna artisticamente ritratta, colta in pose eleganti e sinuose da cui traspare la profonda intensità di un legame totalizzante; silenziosamente scompare dietro le quinte di un amore.
Senza via d’uscita, senza ritorno, nell’unica direzione possibile di un tutto predestinato.

Il gusto rivelatore di una signorilità mai dimenticata, che Jeanne, e nel contempo Modì, ripercorre nella curva sinuosa di quella mano di crivelliana memoria, che con coerenza si fonde nel lungo collo culminante in un ovale quasi eufemisticamente sorretto.

Una delicata armonia di tratti distesa, in cui ogni elemento, dal naso, alle arcate sopraccigliari, alla nitida acconciatura, delinea quel delicato equilibrio sovrastato dal distinto cappello, quest’ultimo, accessorio inizialmente rurale, in seguito approdato al non plus ultra dello stile universale.

Jeanne, i cui occhi sprofondano in insondabili laghetti azzurri, osserva vezzosa ed altera, riflessa nello sguardo del compagno intento a regalarle, in ogni versione, la confirmante visione di una quieta immortalità.

Una storia talmente diretta e implacabile, la loro, che anche la cantante Patti Smith, a sessant’anni di distanza, elaborerà il suo personale omaggio a quel drammatico emblema di amore assoluto: Dancing Barefoot, in cui la cantautrice tedesca, incurante delle critiche, che non mancheranno di certo, celebra attraverso la sua musica, la levità di un amore sospeso tra cognizione e follia, nella raggiante leggerezza di un sentimento libero e incancellabile…

Amedeo Modigliani (1884-1920), Jeanne Hébuterne con cappello,1918, olio su tela, 55×38 cm., Collezione privata
Immagine : web

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