Amnesia

DI RICCARDO ANCILLOTTI

Quella mattina, Tania, prese il primo autobus disponibile, che l’avrebbe condotta a lavoro. L’autista la salutò con un sorriso. Era un collega del padre, che non riusciva a riprendersi della perdita della madre in un tragico incidente stradale.

A quell’ora il ‘mezzo’ era deserto. Studenti e lavoratori, erano già al loro posto, data l’ora.

Solo qualche ritardatario, salì lungo le cinque fermate che seguirono, mentre Tania, approfittando della quiete, quasi per riprendere fiato, si rilassò al punto tale di appisolarsi sulla sedia.
Quando aprì gli occhi si rese conto che ‘la prossima’ fermata era la sua, così si ‘stirò’ e si preparò per scendere.
La giornata non era poi male. Aria tiepida, soleggiata e soprattutto, quella mattina, non c’era il solito traffico che crea sempre un’insopprimibile stato d’ansia.

Il breve pisolino, inoltre l’aveva fatta rilassare quanto bastava.
Si sentiva più leggera adesso ed in possesso delle energie necessarie, per affrontare e fronteggiare un altro giorno d’intenso lavoro.
L’autobus si fermò subito dopo, preceduto da un sibilante rumore di freni. Una portiera si aprì e lei scese in fretta, lasciandosi alle spalle il rumore dell’apertura pneumatica di questa. Che subito dopo si richiuse, producendo il solito rumore, che terminò con un insolito botto sordo e secco.

Tania, su quel rumore, improvvisamente sentì scomparire la luce dai propri occhi, e rimase al buio, in piedi sul marciapiede.
Quanto sarà durato quello stato di buio totale, nel quale la ragazza piombò? Qualche secondo? O più a lungo?
La luce ritornò ai suoi occhi, altrettanto improvvisa, come se n’era andata, ma…..? Lei, chi era?

La ragazza, si bloccò. Si guardò intorno e non capiva.
Casa ci faceva lei lì ? Che luogo era quello? Che giorno era? e soprattutto chi……. era ‘lei’ ?
Non osava neppure, fare un solo passo. Prese a guardarsi le mani. Quei due anelli all’anulare della mano destra, cosa significavano? E l’orologio, che portava al polso?…segnava le ore 8 e 50 minuti. Era il primo mattino.

La borsetta? “Giusto!..” si disse. “Nella borsetta ce la risposta a , chi sono!..”.
Frugò rapidamente. Un lucida labbra,… fazzoletti di carta…un mazzo di chiavi…altre cianfrusaglie e ….nient’altro. Non un documento, non il ‘cellulare’, non una piccola agenda. Non aveva con se il portafogli. “ Cristo…!!” imprecò.

Neppure i vestiti indossati; una camicetta azzurra e dei pantaloni neri, non le dicevano niente di ‘lei’ . Si guardò di nuovo attorno. Quel tratto di strada cittadina, le era ignoto, come pure le insegne dei negozi e le persone che passavano a piedi più o meno trafelate.
Fece qualche metro, lungo il marciapiede, lentamente cercando qualcosa che le facesse tornare un po’ di memoria. Girò un angolo e vide una piazza, verde affollata di turisti. C’era un filare di ‘bancarelle’ lungo la strada che la costeggiava e nel bel mezzo sorgevano tre grandi costruzioni ‘marmoree’ …”..La ‘torre pendente’ ?…allora sono a Pisa!” esclamò, ma non riuscì a provare alcuna soddisfazione, anzi…

Cosa ci faceva lei a Pisa? Non sapeva chi era e da dove venisse, ma sentiva di essere un ‘qualcosa’ di molto lontano da quella città! La lingua!… Capiva l’italiano e lo parlava, ma udì chiaramente parlare in spagnolo e si rese conto di saperlo pure parlare. Allora?
Si mosse lentamente tra la gente. Prese ad ascoltarne attentamente le voci, i rumori. Scrutò angolo, dopo angolo, cercando di cogliere, un qualcosa, qualcuno, che le ricordasse chi era e cosa ci faceva lì.
Alcune persone, sembravano guardarla con una maggiore attenzione, ma, forse, era solo perché il suo stato d’animo lasciava trasparire lo spaesamento più totale.

Si fermò, qualche attimo, presso un ‘ambulante’ a scrutare i ‘souvenir’. Questi, le si rivolse chiedendo; “Desidera ?”, quindi lo ripetè in varie lingue, senza ottenere risposta.
La ragazza si soffermò, più avanti, a guardare la propria immagine riflessa su un piccolo specchio.
Non le era ignota. Le era ben conosciuto quel volto, quella capigliatura, quegli occhi, quella bocca, quelle mani,…ma non riusciva, proprio, a trovare altro nella sua mente, capace di indicarle una strada qualsiasi per ricostruire la propria identità.
Sentiva di avere un buon ‘bagaglio di conoscenze’, questi sì.
Quei fiori, sbocciati nel prato, ad esempio erano margherite: ‘Bellis perennis’. Era ‘primavera’. Il colore verde era dato dalla Clorofilla…Il suo ‘stato’, aveva un termine ‘medico scientifico’, ben preciso; amnesia…
Non era, insomma, una sprovveduta.

Le ‘scritte’ sulle ‘bacheche’ degli ‘edicolanti’, parlavano di fatti, cose e personaggi, che per lo più le erano noti, ma era forte la sensazione di appartenere ad una comunità diversa da quella di quel luogo.
Era vero, che l’aveva subito riconosciuto, ma la sua conoscenza le derivava , da tutta una serie d’immagini, che la sua mente, sembrava essere andata a captare nel tempo, attraverso, foto, filmati e studi scolastici. Non le era, però, ‘familiare’ .
Di fronte a quei ‘marmi’, mura, costruzioni architettoniche e non, strade e persone ‘indigene’, che si adoperavano in varie attività, o che comunque riempivano in un qualche modo quei momenti della loro esistenza, si sentiva lontana. Tanto lontana!

Molto più probabile, quindi, che lei appartenesse a quella moltitudine di turisti, che stavano riempiendo la ‘piazza’. Una ‘persona’, che chissà, per quale ‘trauma emotivo’, si era ‘persa’ e adesso, poteva ‘ritrovarsi’, solo se riconosciuta da qualcuno del proprio ‘gruppo’!?
Niente e nessuno, però, sembrava ‘notarla’, se non per la sua evidenza fisica femminile.
Camminò a lungo, su e giù per la ‘piazza monumentale’, per poi sedersi sconsolata sulla scalinata del ‘Duomo’, tenendosi la testa tra le mani. Era scoraggiata.
Le prime lacrime, cominciarono a solcarle il viso, ormai riscaldato dai raggi solari che stavano diventando più intensi. Pensò mille cose.

Un immenso senso di solitudine, cominciava ad impadronirsi di lei. Era qualcosa di ‘totale’, assoluto. In quei momenti, non c’era una ‘sola risposta’ nella sua ‘mente’ , che potesse diradare ‘l’oblio’ in cui era sprofondata. Forse per sempre?
La domanda era scioccante. Tornò a riflettere.
Rivolgersi ad una qualche ‘autorità’ era l’unica soluzione!? Certo!
E se ‘lei’ fosse stata una ‘criminale’, fuggita da una ‘clinica’ od un carcere? Non importava. Doveva ‘ritrovarsi’, chiunque ‘fosse stata’; lei era ‘quella’!
Si rialzò decisa a cercare un posto di ‘Polizia’. Attraversata la grande piazza, si diresse in direzione del centro cittadino..
Aveva fatto solo qualche decina di metri, quando sentì una figura alle sue spalle che le premeva un ‘solido oggetto’ sulla schiena.
“Non fare domande, né scherzi !?…Sali su quell’auto, svelta!”
Tuonò una voce dal timbro marcatamente maschile.
Fu contemporaneo. Una grossa auto scura, con i vetri abbrunati, accostò il marciapiede. Uno sportello si spalancò e lei fu quasi scaraventata sul sedile posteriore.

Qualcuno le incerottò la bocca, le coprì gli occhi, infilandole la testa in un cappuccio nero e le ammanettò i polsi dietro la schiena.
L’auto, poi ripartì veloce e praticamente senza fare rumore.

Tania, tentò inutilmente, di resistere e di chiedere aiuto, ma ben presto dovette rinunciarvi, di fronte alla ferrea morsa immobilizzante messa subito in atto dalle due persone sedute ai suoi fianchi.
Nessun rumore, nè suono di voce arrivava alle sue orecchie, all’infuori dei suoi mugolii, che ben presto cessarono, vista la totale impossibilità da parte sua di qualche efficace reazione.

L’auto viaggiò a lungo senza particolari sussulti e senza mai fermarsi nemmeno un attimo. Poi, finalmente, si arrestò.
Lo sportello si aprì e senza che qualcuno pronunciasse parola.
Lei fu presa di peso e trasportata per qualche minuto a braccia.
Alle sue orecchie arrivava solo il rumore dei passi dei suoi sequestratori ed il rumore dell’aprirsi e richiudersi di porte, al suo passaggio, finché venne abbandonata su qualcosa che rassomigliava ad un materasso ed una porta si richiuse definitivamente, con scatti ripetuti di serratura, lasciandola sola, non prima però di averle bloccato anche le caviglie.
Il tempo trascorreva indefinito.
Tania, si rendeva conto di non avere grandi possibilità di movimento ed il cappuccio, cominciava a causarle delle difficolta di respirazione.
Adesso, la paura, stava davvero prendendo forma.

Il fatto di non sapere chi era, se in un primo tempo, l’aveva lasciata in una sorta di ‘limbo’ in attesa di capire, adesso diventava secondario.
Qualcuno, l’aveva rapita? Intendeva segregarla?
No, non poteva essere questa, la sua ‘naturale condizione esistenziale ‘ ! Era assolutamente da escludere che lei fosse una ‘malata psichica’ imprigionata in una disumana condizione!
Nella sua testa non c’era il benché minimo ricordo di vita vissuta, ma c’erano lucidità , certezze e sentimenti umani, che negavano in assoluto questa possibilità.
Il silenzio, era totale, come il buio. Tania, dopo aver tentato a più riprese di liberarsi almeno dal cappuccio che le ricopriva il volto, trattenne il respiro e le parve di udire un leggero brusio.
Rotolandosi, sul pavimentò seguì il proprio udito, finché si ritrovò a ridosso di un muro.
Si fermò.

Cercò di concentrarsi nell’ascolto e lentamente cominciò a distinguere il dialogo che proveniva oltre il medesimo:
“ Non direi…..è stata scelta, secondo i soliti criteri…si!”
“ Qui non c’è un solo documento!….Come facciamo ad esserne sicuri?….Conoscete le regole!”
“ Cavolo!..li avrà indosso!?…motivo di più, per procedere, forza!?”
“ Un momento!…Se non è una ‘esterna’, poi che facciamo?…”
“ Io non mi preoccuperei!…”
“ Giusto, neanch’io…!”
Seguì il silenzio. Quindi alcune risatine, poi uno parlò:
“ Okai !…Ha detto di procedere, ma….di fargli prima una ‘iniezione!”
“Allora, forza sbrighiamoci!”
Il dialogo ebbe termine.
Era chiaro, che avevano in programma ‘qualcosa’ per lei! Forse , l’avrebbero drogata!
Come poteva opporsi?

Il cuore, riprese a batterle all’impazzata. Aveva paura! Non poteva attendere inerte che la porta si aprisse, ma non poteva neppure fare qualcosa.
Il tempo questa volta fu breve. Troppo breve. Dopo tre mandate di chiave la porta, evidentemente si era già riaperta e sempre nel silenzio, sentì sul suo corpo, le mani di due, forse tre persone.
Si oppose disperatamente. Si divincolò, facendo appello a tutte le forze di cui era in possesso., ma ben presto dovette arrendersi e riuscirono a farle un’iniezione nel braccio sinistro.
Il liquido sembrò subito infiammarle le vene fino ad uscirle dalle narici, mentre qualcuno diceva: “Adesso lasciamola!…Tra un minuto dormirà….”

Né seguì un’ immediata sensazione di sonnolenza, alla quale lei tentò di reagire, facendo leva su una disperata volontà di non soccombere.. Questione di pochi secondi però. Appena Il suo corpo smise di agitarsi , sentì scomparire anche la sonnolenza, come per incanto.
Rimase immobile allora.
Qualche secondo ancora, poi, qualcuno chiese:
“ Dai un’occhiata!”
Le tolsero il cappuccio e lei si trattenne dall’aprire gli occhi. Doveva fingere di dormire. Doveva farlo, qualunque cosa accadesse. Era forse l’unico modo per uscirne fuori.

“Alla faccia, se è discreta!!” esclamò l’autore dello ‘scappucciamento’.
Una mano la schiaffeggiò un paio di volte, per poi costatare:
“E’ andata!…Toglile le manette!”
Sentenziò una seconda voce, dal tono rauco.
L’operazione venne subito eseguita e la solita voce ordinò:
“Spogliamola, ma con attenzione !…”
La denudarono rapidamente, facendo continui volgari apprezzamenti sul suo corpo. Erano sicuramente tre uomini. Resistè fino allo spasimo dal guardare anche solo per un attimo.
Era terrorizzata, ma pienamente cosciente. Doveva superare questa prova e tutte le altre che sarebbero venute. Era questione di vita o di morte.
Sentì il passare di fredde mani sul corpo ormai completamente nudo.
Lei si trattenne dall’avere un’istintiva reazione, ma non potè impedirsi un’involontaria contrazione muscolare che evidentemente venne notata da uno di loro che chiese lumi ai colleghi:
“Siamo sicuri che dorma ?…mi è parso si sia mossa!?..”
Gli altri due si erano allontanati di qualche metro e lo richiamarono subito al proprio compito:
“Dacci una mano a cercare i documenti piuttosto!?…con quella ‘dose’ dormirebbe un cavallo!…muoviti!”
Anche il terzo si allontanò qualche attimo e lei a quel punto decise di aprire gli occhi.

Aveva davanti tre uomini, ancora giovani, alti, robusti. Fu solo qualche attimo però, perchè loro avevano già constatato l’assenza di documenti ed imprecando stavano tornando da lei:
“Non possiede un soldo, non ha con se un documento, ma chi cazzo è?…Che sia una prostituta?..”
“Può darsi…!”
“E’ no !! Se gli vendiamo una puttana, siamo fregati!”
“Hai sempre troppa fretta tu!..Bisogna essere sicuri di ciò che si fa!?”
“No, no..non può essere una puttana….Non posso crederci!”
“Secondo me è una turista, che ha dimenticato soldi e documenti in albergo!”
Seguirono, alcuni attimi di silenzio, poi quello con la voce rauca, che doveva essere il capo del gruppo, dichiarò:
“Ormai, non abbiamo scelta!….Il ‘pacco’ deve partire stasera…! Se è una puttana, puttana, non lo capiranno ! Lasciala a me ora !”
La ragazza, si rendeva conto che adesso per lei stava per cominciare la ‘prova’ più difficile. Al solo pensiero il sangue le si gelava nelle vene.

La prima sensazione fu quella di fargli capire di essere sveglia, così avrebbe sicuramente ritardato una violenza da subire in condizioni coscienti ? Forse avrebbero esitato ? Non potevano rischiare di essere riconosciuti, ma…..sarebbe stata la sua fine?…
No, non poteva farlo!.. Doveva resistere e sopportare in silenzio! Estranearsi dal proprio corpo. Questo doveva riuscire a fare!
L’uomo si spogliò e ben presto le fu addosso. Il suo alito aveva un fetore irrespirabile, le sue mani erano delle ‘pale meccaniche’ che più che ‘palpeggiarla’ sembravano volerle strappare la carne!…No non sarebbe riuscita a rimanere in silenzio!….
“Mirko, fermati! Il ‘capo’ ti chiama sul cellulare!…” lo interruppe uno degli altri due.
“Bestia !…” ,imprecò questi che si allontanò per rispondere.
“Subito?…ma dobbiamo….!…Va bene ho capito, sarà fatto!” concluse rapidamente la conversazione, per poi ordinare:
“Forza, rivestitela che dobbiamo ‘consegnarla’ subito! Svelti!”
“E questa ?..” fece uno dei due. Al che il primo declamò subito la sua autorità:
“Non sta a te decidere, capito?…Se per una volta va così, non può altro che farti bene al cervello idiota!”

La sensazione di uno scampato pericolo, in estremis, fu tanto forte, quanto inattesa!
Il suo corpo fu attraversato da brividi gelidi, ai quali seguì una sudorazione crescente. Lei ebbe anche il timore che quelli fossero i sintomi redivivi della famigerata iniezione subita.
Il cuore prese a batterle all’impazzata, poi…..svenne.

Quando si riprese, aprì gli occhi. Si ritrovò, per un attimo, solo per un attimo, davanti il volto di uno dei suoi sequestratori. Li richiuse immediatamente! Lui però non poteva non essersi accorto del suo risveglio, ma non disse e non fece niente!
La sua immagine le rimase impressa come una foto, per svariati secondi negli occhi.
L’avevano rivestita ed ammanettata nuovamente ai polsi.
Due mani le infilarono nuovamente il cappuccio nero, poi si sentì prendere di peso e caricare nella bauliera di un’auto.

Il nuovo viaggio, parve di nuovo interminabile. Si susseguirono momenti di quiete a momenti di sballottamento continuo, L’auto rallentò diverse volte, poi evidentemente giunse a destinazione.
Fu in quei momenti che lei ad un tratto ebbe un sussulto!…Meraviglia!..Le manette si erano aperte! Aveva i polsi liberi adesso!!
Un colpo di fortuna!? Non importava come e perché, l’importante era che fosse così!
Fuori dall’auto, udiva un parlottare continuo, incomprensibile, insistente.

Poi qualcuno si avvicinò ed aprì la bauliera dell’auto:
“Dai, dammi una mano!..” fece la solita voce rauca del ‘capo’.
“No, aspetta! Stanno venendo loro, con una barella!” fu la risposta.
Tutti, allora, parvero allontanarsi di qualche metro.
“Adesso, o mai più!…” si disse lei.
Sfilatosi il cappuccio e senza guardarsi attorno, saltò fuori e prese a correre all’impazzata. Era notte.
Quella che aveva di fronte era un’immensa radura . Lei corse nella direzione opposta da dove provenivano le luci.

Lo fece trattenendo il fiato, aspettando da un momento all’altro, che qualcuno l’afferrasse alle spalle, ma questo non accadeva e più passava il tempo, più in lei si faceva luce la convinzione di potercela fare.
Raggiunse un fossato e lo saltò come una cavalletta, per poi riprendere la corsa, finalmente in un tratto alberato. Lì sarebbe stato più difficile notarla. Non provava fatica. Non era un correre affannoso il suo. Era una fuga.
Nessuna luce lasciava intravedere il proprio orizzonte, ma questo la sollevava, più che preoccuparla.

Lei doveva scappare! Fuggire nel buio, più a lungo possibile, far perdere le proprie tracce! Correre, correre e poi correre ed ancora correre! Se lo ripeteva fino all’ossessione. Le sue gambe sembravano essere diventate delle ruote in moto perpetuo. Anche se avesse voluto arrestarle, non ci sarebbe riuscita! Avevano vita propria… Volevano e dovevano, correre, correre e correre all’infinito……..!

“ Cinque euro e venti, signorina!…”
La voce dell’edicolante raggiunse le orecchie di Tania , come un colpo vento improvviso. Lei si guardò intorno. Era immersa nel brusio del ‘sotto stazione ’ e teneva stretta in mano una ‘rivista ‘!
“ Signorina ?…La rivista me la deve ancora pagare!” insistè l’edicolante vedendo che la ragazza stava per allontanarsi.
“ Ooh ! mi scusi!…Mi scusi….!” rispose a quel punto lei come se uscisse da un lungo sonno, “…Non intendo acquistarla, mi dispiace !” chiarì subito restituendo il fascicolo.
Cosa era successo ? Che ci faceva, alle undici di sera, lei, alla Stazione Ferroviaria? Qual’era il motivo ? Doveva, forse, prendere il treno?
No! Cosa aveva fatto, poi, durante il giorno appena trascorso ? “Cristo!…non ricordo! Proprio non ricordo…!”
Tania, non aveva niente con se. Qualcuno l’aveva stordita e rapinata ? Ecco , cosa doveva essere successo

Era una possibilità, una spiegazione plausibile! Ma dove e quando?
Ora, però non c’era tempo da perdere. Lei doveva rientrare subito a casa. Suo padre poteva preoccuparsi per la sua assenza.
Nella sua testa c’era un lungo ‘periodo di vuoto totale’ . Provava anche un certo indolenzimento su tutto il corpo, come se avesse fatto una lunga corsa. Niente di più.

La sua abitazione non era molto distante dalla Stazione, perciò la camminata fu breve.
Sotto il portone del ‘condominio’ c’erano tre agenti di polizia che parlottavano tra loro. Il pensiero di Tania, corse subito al padre, così li raggiunse trafelata.
“ La signorina Velasco Tania ?” le chiese puntualmente un agente.
“ Sono io ! E’ accaduto qualcosa a mio padre ?” chiese a sua volta con il cuore in gola.
“ Non direi! Suo padre è tutto il giorno, però, che la cerca!”

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