Andrea del Verrocchio, Pala Macinghi

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Andrea del Verrocchio è un celebre orafo e scultore che, in quel di Firenze, ha una delle botteghe artisticamente meglio frequentate: tra i suoi allievi annovera Perugino, Lorenzo di credi, e addirittura Leonardo.

Tra di essi non risulta Botticelli, ma si può presumere, con sufficiente certezza, una frequentazione della bottega stessa.
Purtroppo, pur dimostratosi valente pittore, a tutt’oggi ci resta solamente un numero esiguo di suoi dipinti, tra cui Il battesimo di Cristo, ampiamente descritto e documentato soprattutto grazie al dettaglio, di fondamentale importanza, dell’esecuzione di uno degli angeli da parte di Leonardo, allora semplice apprendista, talmente soave da provocare nel maestro, almeno secondo il racconto del Vasari.

La decisione, da quel momento in poi, di fare eseguire i visi esclusivamente a quel suo allievo tanto incredibilmente dotato.
Verrocchio esterna in pittura le proprie caratteristiche già manifestate nella scultura, tra cui la morbidezza nel rendere le superfici, soprattutto a livello chiaroscurale, in grado di collocare le figure integrandole, dolcemente, con l’ambiente circostante.

Nessuno scatto improvviso o violento, al contrario una decisa compostezza, ma sempre connotata da intrinseca levità.
La Pala Macinghi, opera non molto nota a causa di particolari vicissitudini storiche, in quanto collocata in deposito presso la Chiesa di San Martino a Strada, nei pressi di Firenze – si dice che da episodi come questo si traggano le origini degli Uffizi diffusi – ritorna ad essere visibile, esposta in una sala del museo originario, dopo un importante restauro da parte degli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure, fino al mese di Febbraio 2023.

Così chiamata in onore della famiglia committente – forse una pala d’altare destinata a decorare la cappella oggi sede del Capitolo del Chiostro dei Morti – raffigura una Sacra Conversazione tra i Santi Zanobi, Francesco, Giovanni Battista e Niccolò.

In particolare, è la figura di San Francesco a destare una pervicace curiosità, omaggiata all’interno delle Gallerie degli Uffizi alla stregua del Battesimo di Cristo, di cui sopra, rivelatore del talento di Leonardo: posto nella sala della Testa di San Girolamo, altro disegno di Verrocchio, dal cui confronto si evincono palesi assonanze, probabilmente dovute ai medesimi criteri ispiratori, o più credibilmente all’utilizzo di un modello comune; entrambe considerate nel gigantismo di una determinata pittura ancora intenta a dialogare dopo secoli di storia.

Il restauro, rapportato al contesto di un recupero materiale dell’opera, sia tecnico che fisico, rappresenta l’occasione per riunire dipinti un tempo prestati e per anni non reclamati: come spesso accade, anche e soprattutto fra privati, nel caso di libri.

Non dimentichiamo ciò che amava dichiarare Oscar Wilde al riguardo, sul fatto che gli fosse rimasto un solo libro nella libreria e gliel’avessero prestato!

Fondamentali, poi, le informazioni assunte grazie al suddetto restauro, in forza sia di scritte retrostanti, in grado di influire non poco sulla determinazione cronologica dell’esecuzione, sia a proposito della rappresentazione della città di Firenze nel modello che San Zanobi offre alla Vergine, in cui la lanterna della cupola del Duomo appare corredata di una sfera eretta dal Verrocchio nel 1471.

Una collaborazione, quella tra l’Opificio delle Pietre Dure e le Gallerie degli Uffizi, come sottolineano gli stessi protagonisti – dal direttore Eike Schmidt, a Emanuela Daffra, sovrintendente dell’OPD, a Cecilia Frosinini, del Comitato scientifico degli Uffizi – frutto di un intenso e proficuo lavoro di squadra: lo stesso che animava, in tempi passati, la bottega del Verrocchio, tra Botticelli, Perugino e Leonardo…

Andrea del Verrocchio (1435-1488) e aiuti di bottega, Pala Macinghi – Sacra conversazione con i Santi Zanobi, Francesco, Giovanni Battista e Niccolò – 1472, tavola, Gallerie degli Uffizi – Firenze
Immagine: web

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