Andrzej Kuśniewicz, Lezione di lingua morta

DI MARIO MESSINA

Andrzej Kuśniewicz,
Lezione di lingua morta.
Sellerio editore

Recensire “Lezione di lingua morta” di Andrzej Kuśniewicz è impresa tutt’altro che agevole.
Ci troviamo di fronte, infatti, ad un’opera che presenta tanto caratteristiche di alto pregio stilistico quanto singolari scelte di tipo contenutistico.

L’autore sviluppa, infatti, una personale idea di letteratura ben lontana dai dettami contemporanei che vedono nella rapidità d’azione e nella semplicità dei pensieri i propri capisaldi.
Il testo è denso e le pagine vengono riempite fino all’orlo.
Raramente si va a capo.

Il flusso narrativo è inarrestabile e la struttura non presenta capitoli volti ad inframmezzare il racconto.
I periodi sono lunghi e l’uso sapiente delle virgole consente lunghe digressioni.
I pensieri sono, così, ampi ed articolati.
Per trovare una formula che possa esemplificare il tutto potremmo dire che la descrizione prevale nettamente sull’azione.

Il testo presenta, così, in molti casi, delle vivide immagini pittoriche degne di rilievo: <Il tenente Alfred Kiekeritz afferma ad esempio che verso sera, quando le montagne azzurrano modulando l’intera gamma, da un perlaceo argento ad un nero spruzzato di turchino, come un’intermittente iridescenza, gli odori si fanno quanto mai intensi, ed egli, per il tempo che dura quel silenzio crepuscolare, ode distintamente le frasi di una delle sinfonie di Mahler. O quando invece, ormai in prossimità dell’alba, il primo chiarore mostra gli strati di nebbia accavallati l’uno sull’altro scivolare a valle lungo forre e burroni, allora è Brahms che regna.

E a volte Chopin. Brahms assume delle tinte cilestrine, ma può anche darsi che sia proprio il regolare ripetersi ad evocarlo> (pag.22).
In altri casi, invece, le descrizioni si fanno oltremodo minuziose così da dilungarsi, addirittura, per più pagine.
Basti pensare all’attenzione dedicata alle armi da tiro (pagg. 26-29) o alla filosofia sottesa alla passione per la caccia (pagg. 38-40).
O, come ultimo esempio, alla dissertazione in materia di iconografia bizantina (pagg. 52-54).
Il testo risulta, così, ricco di dotte informazioni senza che, però, queste scadano in pensieri di difficile interpretazione.
Da un punto di vista più prettamente contenutistico la trama è, come già accennato, scarna e a ridotta dinamicità. Lo sfondo è costituito da un campo di prigionia ma, di fatto, i protagonisti sono essenzialmente due.

L’ambientazione è quella dei territori contesi durante la Prima Guerra Mondiale tra impero russo, tedesco ed austro-ungarico: Galizia, Volinia e Podolia.
Territori di confine dove i diversi idiomi possono rendere difficoltoso il più semplice dialogo.

Non è un testo facile e qualcuno potrebbe addirittura arrivare a sostenere essere non particolarmente “avvincente” ma, a mio modesto avviso, per chi volesse tornare a respirare quelle atmosfere mitteleuropee di inizio Novecento è senza dubbio indicato.

Immagine tratta dal webPubblicità

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