DI STEFANIA DE MICHELE
Secondo fonti non ufficiali, circa 10.000 persone hanno manifestato contro la gestione di Viktor Orbán.

La protesta ungherese parte dall’Università
Tutto è cominciato con il blocco del campus universitario del 1° settembre scorso, il giorno successivo alle dimissioni per protesta della direzione dell’ateneo.
Secondo i vertici dimissionari dell’Università di Arti teatrali e cinematografiche, il governo ha privato l’ateneo della sua autonomia, imponendo al cda nuovi amministratori pro-Orban nominati a tempo indeterminato.
La riforma è vista dai critici del governo come l’ultimo tentativo di rimodellare la vita pubblica ungherese per adattarla alle istanze nazionaliste e conservatrici dell’esecutivo in carica.
Szarka ha descritto l’occupazione dell’edificio con il termine “anarchia”, ha spento Internet nella sede universitaria e cambiato le serrature delle porte.
La settimana scorsa gli studenti hanno sfidato l’ordine della nuova direzione di lasciare l’edificio per “manutenzione e risanamento”.
Il nuovo consiglio di amministrazione insiste sul fatto che i cambiamenti – compreso il trasferimento della proprietà della SZFE dallo Stato a mani private – miglioreranno gli standard infrastrutturali ed educativi.

In marcia a Budapest
Durante il corteo, l’attore ungherese Áron Molnar commenta ai nostri microfoni che “la retorica dei nuovi leader è davvero pericolosa. Non si possono chiamare terroristi questi giovani progressisti. Non possono esssere ignorati. E non possono risolvere la questione inviando gente a fare il lavoro sporco all’Università”.
Fiaccole in mano, i manifestanti hanno marciato lungo il ponte della Libertà sino al cinema Urania. A sostegno della libertà accademica, contro l’agenda nazionalista di Orbán.
“Abbiamo dimostrato che è possibile fare una rivoluzione”, dice quest’altra manifestante.
Le critiche alla riforma dell’ateneo sono giunte anche dall’estero con messaggi di solidarietà nei confronti di un’istituzione che ha aperto i battenti 155 anni fa, una tra le più prestigiose del Paese in ambito culturale.
Per Euronews, Zoltán Siposhegyi spiega l’escalation delle manifestazioni di dissenso: “Sebbene le proteste siano partite in prima battuta da studenti, professori, giovani attori e registi, che hanno deciso di occupare l’università, la marcia di Budapest ha allargato il campo delle rivendicazioni : non più solo il tema dell’indipendenza del mondo della cultura, ma la politica degli ultimi 10 anni. I manifestanti chiedono libertà per i tribunali, la stampa e per le organizzazioni non governative”.

DA EURONEWS ITALIANO
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