Camille Pissarro, il reale elemento costante del gruppo impressionista – l’unico ad appartenervi dall’inizio alla fine di tale straordinaria esperienza comune – dipinge una serie di opere, intorno all’inizio del ventesimo secolo, la cui scelta trova riscontro in una situazione economica piuttosto precaria.
Il pittore ha bisogno di soldi – ha una quotidianità da affrontare ed una famiglia da mantenere – e accetta le richieste dei collezionisti, adattandosi a dipingere su commissione.
Nonostante la visione romantica comunemente diffusa nell’immaginario collettivo, dell’artista disposto a morire di fame pur di seguire unicamente ideali ed indole, occorre precisare come tale situazione si verificava, in realtà, assai di rado, dato che gli autori, in linea di massima, vivevano prevalentemente del proprio lavoro, che utilizzavano per provvedere ai bisogni ordinari.
È il motivo per cui acconsente alla proposta del collezionista Pieter van de Velde, il quale desidera una serie di vedute del porto di Le Havre nei suoi cambiamenti ed evoluzioni, e prende alloggio nella suddetta cittadina, presso l’Hotel Continental.
Una sistemazione che gli consente una visione ottimale del soggetto delle opere – scegliendo, in particolare, di raffigurarne il molo, sia per l’effetto tipicamente caratterizzante dell’elemento in questione, sia per la percezione che gliene deriva in rapporto al sentire sociale: foriero di un dignitoso orgoglio che gli abitanti continuamente affermano fin quasi ad ostentarlo.
In tutto si tratterà di circa venti dipinti, che rappresentano la parte finale della carriera dell’autore francese, il quale, pur avendo dimostrato di non disdegnare le suggestive incursioni in ambiti delineati da alcuni colleghi innovatori ed anticonformisti – Seurat e Signac non mancano di attrarlo.
Decide comunque di restare fedele al suo vecchio stile, tornando al proprio tradizionale metodo pittorico, tuttavia dedicandosi a contesti fortemente rinnovati.
Il Louvre sotto la neve, del 1902, è più o meno realizzato sulla medesima falsariga, tuttavia aggiungendo al soggetto la particolarità del paesaggio innevato, da sempre campo di battaglia e sfida per gli Impressionisti.
Nonostante si tratti di una condizione meno rappresentata, il contesto invernale si rivela in tutto il suo glaciale splendore.
Allo stesso modo in cui Monet dipinge La gazza, peraltro rifuggendo le consuete scene e proponendo un’opera di non immediata condivisione, Pissarro si cimenta in maniera sobria e innovativa addentrandosi in un ambito meno conosciuto, a tratti empaticamente impervio, che finisce per rivelarsi semplicemente diverso.
I colori appaiono indubbiamente differenti rispetto alle tonalità solitamente proposte, ma il sacrificio della resa visiva non risulta vano, grazie anche all’indispensabilità della modalità en plein air, certamente non agevole data la rigidità delle temperature affrontate.
Il risultato è, tuttavia, strepitoso: l’atmosfera appare morbida e rarefatta, priva di confusione; tranquilla e serena, tale da fermare sia le figure che gli alberi in una sorta di raffinata istantanea.
Leggermente più ruvido, qualora paragonato alla delicatezza di Monet – i dettagli evidenziati dai differenti cromatismi ne mostrano la diversità pur non mancando di affermarne l’eleganza – e pur probabilmente non convinto di tale specifica attività – Pissarro, come altri idealisti, tendeva a slegarsi dal restrittivo concetto di committenza.
Si troverà anche a negoziare l’acquisto di diverse opere con i musei, finendo per accettare ob torto collo una situazione ormai portatrice di inevitabili cambiamenti…
Camille Pissarro (1830-1903), Il Louvre sotto la neve, 1902, olio su tela, 66.3×81.3 cm., Londra – National Gallery
Immagine: web
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