Carmen Consoli, la magnifica impertinenza di un’anima rock

DI GINO MORABITO

Di quella bambina impertinente è rimasto tutto intatto. Il sottile piacere di andare in controtendenza e quell’abitudine di tornare, per raccontare sé stessa in una veste artisticamente inedita. “Magnifica combinazione tra una rocker e un’intellettuale”, come la definisce il New York Times, la Cantantessa sorride, si profonde in un inchino e incanta. Canta e si esprime attraverso il linguaggio universale della musica. Per Carmen Consoli il rock è uno stato di necessità.

Dopo i successi live in Italia, la cantautrice siciliana porta il suo ultimo progetto discografico Volevo fare la rockstar – che le ha regalato anche il Premio Amnesty International per la canzone L’uomo nero – anche in Sud America. Con un set inedito ad alto contenuto rock, formato dalle chitarre di Carmen e la partecipazione straordinaria della batteria di Marina Rei, la tournée fa tappa nelle principali località del continente. Un concerto che porta sul palco i grandi successi della Cantantessa reinterpretati in maniera nuova: due donne, due artiste, chitarre e batteria.

Partenza il 19 novembre dall’Argentina, nella spettacolare Bahia Blanca, a ridosso dell’oceano Atlantico, per proseguire il 21 novembre a Buenos Aires, al Teatro Coliseo, uno dei principali e storici teatri della capitale; il 23 novembre a Córdoba; il 25 novembre a Rosario; il 28 novembre a Lima, in Perù, nello storico Teatro Pirandello.

Peppino Impastato diceva che se si insegnasse alla gente la bellezza, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

«Noi siciliani abbiamo un patrimonio genetico niente affatto trascurabile. La stessa lingua italiana deve alla Sicilia la propria nascita. La verità è che, oggi più che mai, e Peppino Impastato riuscì a prevedere quello che sarebbe successo, regna l’ignoranza. Diamo per scontato quello che ci dicono i media, non sapendo che magari certe informazioni sono veicolate da interessi specifici. È questa la vera ignoranza! Va da sé che la bruttezza è ciò che rovina la bellezza. La bellezza ha bisogno di tempo per essere compresa. Non si può consumare un libro nell’arco di un tweet, occorre tempo per dedicarsi alla bellezza e scoprirne le potenzialità. Oggi si vuole tutto e subito, dal fast food all’istant song, ma questo inevitabilmente permetterà l’ingresso di malattie sociali e psicologiche gravissime.»

Parole di burro che generano i mali della nostra società.

«Mi infastidiscono le parole malsane. Quelle in presenza di lattosio e di caseina, che predispongono al cancro.»

Si fa l’abitudine a tutto.

«L’abitudine che più mi spaventa è quella a lasciarmi andare, a non avere un’alimentazione sana, a non avere più cura di me stessa. A non volermi bene.»

Per contro, il potere dell’incantamento.

«La capacità di continuare a stupirsi della natura che ci sta attorno e dei nostri concittadini, riscoprendo le proprie radici e la semplicità delle piccole cose.»

Senza fare previsioni ecologiche troppo distanti, vedere la gente più attenta all’ecosistema.

«Soprattutto al mare, una grandissima risorsa che abbiamo. Mi auguro che, in un futuro ormai prossimo, partendo ognuno dal luogo in cui vive, riuscissimo a prenderci cura del nostro pianeta. Mi piacerebbe continuare a vedere le persone solidali, come lo sono già, aspetto che nella nostra terra è un valore aggiunto. Mi piacerebbe finalmente riuscire a vedere brillare la gente per ciò che merita.»

Il pensiero corre al figlio e ai figli di suo figlio.

«A Carlo Giuseppe vorrei trasmettere il senso del rispetto. Il coraggio di riuscire a fare ciò in cui crede e, prima ancora, di capire bene in cosa crede. Gli auguro di fare del suo cuore la propria bussola

Il padre le raccomandava sempre: “diffida di chi parla di sé stesso per più di tre minuti”.

«Non parlo di me quasi mai, racconto storie di altri. Diciamo che ho una certa “compassione”, nel significato latino del termine, per tutti i personaggi che descrivo: patisco con loro le varie vicissitudini e con loro simpatizzo.»

Rappresentare la propria intimità sul palco.

«Ci si sente un po’ come Moana Pozzi. Non si tratta però di una réclame di lingerie, quanto piuttosto di quel tipo di intimità che si può pubblicizzare. Quell’intimità che non sfiora la volgarità né la pornografia.»

La vera natura di Carmen Consoli.

«Sicuramente con la tuta, le scarpe da ginnastica e la maglietta del Catania. Conservo ancora

quella di Mascara, me la regalò la buonanima di mio padre. È questa la mia vera natura. Poi sul palco metto i tacchi, un filo di trucco e si va in scena.»

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