«CASA D’ALTRI» IL CAPOLAVORO DI SILVIO D”ARZIO, SCRITTORE DI CULTO

DI VANNI CAPOCCIA

 

Ezio Comparoni, nato a Reggio Emilia nel 1920 e morto a 32 anni di leucemia, ha condotto una vita difficile, tra ristrettezze economiche e l’amarezza d’essere figlio illegittimo. Una condizione esistenziale che condizionò a tal punto la sua breve esistenza da indurlo a celare dietro quello di Silvio D’Arzo la sua identità. Una vita breve, che non gli impedì di scrivere romanzi e racconti che fanno dello scrittore emiliano una delle più originali figure del Novecento letterario italiano.

Se non avete ancora letto Silvio D’Arzo, iniziate da “Casa D’altri” e non rimarrete delusi. Un racconto senza uguali, scritto con stile personale e stringato, verista e nel contempo lirico. Secondo la grande critica Grazia Cerchi “Un capolavoro del (nostro) Novecento”.

In uno sperduto borgo dell’Appennino reggiano dove “non succede niente di niente”, Zelinda – una vecchia lavandaia, cupa e solitaria, senza storia e senza affetti – conduce, trascinandosi fra le pietre del paese, una vita da capra: “Io ho una capra che porto sempre con me: e la mia vita è quella che fa lei, tale e quale”. Coltiva un solo desiderio: quello di morire. Avvicina l’anziano e disilluso parroco del paese e gli chiede “se in qualche caso speciale, tutto diverso dagli altri, senza far dispetto a nessuno, qualcuno potesse avere il permesso di finire un po’ prima.”.

È il racconto di un avvicinamento tra due anime sole, di un silenzioso e diffidente colloquio tra un prete senza speranze e una donna stufa di vivere. Un incontro sfuggente e tragico che ha i colori dell’inverno e della miseria: “L’aria intorno era viola, e viola i sentieri e le erbe dei pascoli e i calanchi e le creste dei monti: e in mezzo all’ombra, lontano, vedemmo scendere al borgo quattro o cinque lanterne.”.

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