Chiediamo continui cambiamenti. Ma noi, siamo in grado di cambiare?

DI ANNA LISA MINUTILLO

Stiamo cercando di sopravvivere alla pandemia, ma forse, anche a noi stessi.
Tutti stanchi, tutti privati di contatti fisici, di frequentazioni assidue e costanti.
Tutti in bilico sul filo della nostra incoerenza.

Sì perché in questo calderone emozionale, dovremmo essere in grado di far fronte alle nostre responsabilità, e non parliamo solo delle condotte da seguire, delle regole fatte per essere infrante.

Parliamo della responsabilità del nostro sentire la vita e quelle emozioni «brutte», quelle che neghiamo di avere, ma che, albergano e se ne stanno belle rilassate, nei grovigli dei nostri pensieri.

Tutti buoni? Oppure tutti giocatori abili nell’eludere l’intelligenza altrui?
Vogliamo fare degli esempi concreti, diventando impopolari, esponendoci a giudizi inclementi?

Non ci sono problemi, partiamo, e sia ciò che deve essere, va bene così.
Utilizziamo la parola amico/a, ma sappiamo bene che non riteniamo tutti amici, solo che fa tanto figo, agire così.

Ci secca davvero essere distanziati?
E quando invece si sono disertate serate solo perché non si voleva incontrare, tizio o caia che ci stavano cordialmente sulle scatole?
Forse che lo stare distanti e non vivere più forzatamente alcuni istanti, ci abbia invece «salvato», da torture non desiderate?

Pensiamoci un po’, e troviamo il coraggio di dismettere questi abiti ormai lisi in cui nessuno si ritrova, ma che poi, di nascosto, si indossano.

Assistiamo al maggiore riscatto di dubbie figure, quelle che la pandemia ha fatto emergere, quelli che erano ritenuti « i furbetti del quartierino» , quelli che, l’arte di arrangiarsi la conoscono bene, fino al punto di traformarla in un vero e proprio must di vita.

Chi rubacchia è più furbo, chi cuce e taglia creando abiti adeguati per affossare gli altri e riesce a crearsi un’apparenza migliore, è un grande!, chi si appropria di idee altrui trasformandole in proprie, ha capacità imprenditoriali da fare invidia.

E via di questo passo: folle osannanti che prendono «esempio» da tutto ciò che condannano quando si ritrovano ad affrontare tematiche sociali con persone competenti lì non si possono «sputtanare», devono essere integri, se la devono giocare bene la credibilità.

Non lo svoltano neppure l’angolo, basta solo cambiare gruppo, spostarsi di qualche passo più in là, oppure di qualche click: ed ecco che il gioco ha avuto esito positivo, finti rapporti, per reali apporti, salvo poi stancarsi di spremere limoni ed andare a giocare in altri lidi.

Visione catastrofista, che infastidisce, che arreca disturbo?
Può essere ma: guardiamoci bene attorno, senza neanche doverci sforzare troppo, troveremo opportunismo malcelato, usato come pretesto per questo contesto pandemico in cui ci ritroviamo a vivere.

Tutto ed il contrario di tutto, come sempre, da sempre è così, lasciamo perdere il virus che poco conta.
Siamo chiusi in casa, non tutti chiaramente, avremmo bisogno di leggerezza di bellezza ed invece cosa ci viene in mente di fare?

Solo sporcare, attraverso inclementi ed il più delle volte impreparati giudizi, che spaziano dalla politica allo spettacolo, dai fatti urlati e condivisi sui social, a quelli dei vicini da casa, che ora, essendo a casa anche noi, possiamo ascoltare attraverso le fragili pareti che dividono un’abitazione dall’altra.

Non ci va bene nulla: troppo vestiti o troppo disinibiti, troppo magri oppure troppo pesanti gli odori di cibo che giungono dagli usci attigui al nostro, troppo alto il volume della musica che ascoltano, oppure troppo silenzio, chissà come investiranno il loro tempo…

Poco tolleranti, ma anche troppo distanti dai reali problemi che potrebbero riguardarli.
Ci sentiamo chiamati a giudicare, a dire la nostra, ad osservare senza però vedere, senza chiederci mai invece cosa potremmo fare per renderci utili in caso in cui, qualcuno di loro, dovesse aver bisogno di noi.

E anche qui, evitiamo di dare responsabilità ad un virus, perché le cose non stanno così.
Eravamo «stupendamente distratti » anche prima che tutto ciò accadesse.
Ci siamo sempre lamentati della mancanza di tempo, del fatto che trascorrevamo la maggior parte delle giornate fuori casa.

Ora abbiamo il tempo ma non sappiamo investirlo in modo costruttivo e questo fa ormai parte di uno stile di vita che passando in sordina, è diventato «giusto» per tutti.

Questo distacco viene confuso con la descrizione, agli occhi altrui ci mostriamo come persone rispettose delle loro vite, ma, in effetti, siamo pronti a giudicare senza conoscere, ed in questo caso, ci dimentichiamo proprio di quella tanto ostentata discrezione.

Non viaggiamo più, non possiamo recarci in altre regioni, ma viaggiamo con la fantasia, quasi mai recandoci in spazi costruttivi, alla ricerca del superamento di confini mentali in cui ci siamo rinchiusi.

Ci lamentiamo di ciò che abbiamo ma, quando avevamo molto altro siamo stati capaci di chiedere sempre di più, con il solo scopo di distruggere, quanto, con difficoltà, abbiamo costruito.
Siamo donne che «vanno giù in modo pesante» nel giudicare le altre donne.

Spesso si sono criticate relazioni altrui, si sono espressi, pareri non richiesti che riguardavano il modo in cui si abbigliavano, di quale colore fossero i loro capelli, oppure circa la scelta di accessori errati.

Tutte contro tutte, ma tutte «falsamente» amiche di tutte, quelle che giocano pesante, perché sono leggere nei pensieri ed in quei giudizi in cui è racchiusa tutta la mancata empatia che vanno in giro a paventare.

Scelte furbe quelle di utilizzare le uccisioni vigliacche delle donne, solo per mettere in ordine una coscienza stropicciata, o solo per predicare sorellanza, per dimenticarla all’istante, con il solito:« beh, però anche lei, avrebbe potuto evitare…»

Ci lamentiamo di ciò che stiamo vivendo, ed abbiamo anche ragione, ma, se fossimo davvero tutti più sinceri, dovremmo riconoscere, tutto il brutto a cui, ci siamo abituati.

Ci lamentiamo dell’uso smodato del cellulare che facciamo oggi, e dimentichiamo che ciò accadeva anche prima di tutto questo lungo incubo, che centinaia di ragazzini, facevano uso ed abuso davanti a sguardi di persone fiere, di avere figli tecnologici.

Pochi, incuriositi da ciò che realmente avveniva su piattaforme, per giunta, vietate ai minori.
Siamo alla ricerca dell’onesta’, della trasparenza, ma seguiamo personaggi con visi che tradiscono quanto predicano, aspettando l’occasione giusta, oppure creandola, per far uscire da quei volti, tutta la tracotanza possibile.

È vero, lo abbiamo detto sin dall’inizio che questo sarebbe stato un pezzo impopolare, che ci avrebbe messo davanti ad una realtà scomoda, ma dobbiamo accettare di aver fallito in sensibilità, di esserci lasciati trasportare in un viaggio che non ha portato alla conoscenza di luoghi incantati, ma che piuttosto ci ha resi tutti più «allampanati» inseguitori di «pifferai magici».

Chiediamo agli altri di cambiare, e non ci chiediamo se siamo in grado di cambiare noi per primi, per diventare parte attiva di quel cambiamento tanto richiesto.

Siamo diventati più diffidenti, rendiamo la vita delle persone buone, difficile ce ne sbaraziamo, forse per non vedere ciò che eravamo e ciò che siamo diventati, per non prendere coscienza della verità.

Eppure in questo frangente negativo per tutti noi esiste ancora chi ci vuole «salvare», aiutando con piccoli gesti ma di valore enorme.
C’è chi mette a disposizione pasti, chi si offre per uscire a fare la spesa per i vicini anziani che non si muovono più con sicurezza.

C’è chi riesce ancora a donare una buona parola, rendendo il giorno sempre troppo uguale, un giorno speciale.
C’è chi riesce a consigliare una buona lettura, oppure un buon film da guardare.

C’è chi è tornato a scrivere, poesie, considerazioni che ci fanno sentire meno soli, regalando sprazzi di bellezza attraverso parole scelte con cura.

Tutto questo ci aiuta a sentirci ancora vivi e non solo dei sopravvissuti, ci aiuta a tornare a dare importanza alle piccole cose, che mai, come ora, hanno bisogno di essere prese in considerazione.

Non possiamo insegnare a nessuno come vivere, perché ognuno lo fa a modo suo, ma, almeno, possiamo insegnare come non morire, di inedia, di cattiveria gratuita, di aridità di sentimenti, di furbe relazioni che nascono per sminuire gli altri, facendo scempio dell’amicizia disinteressata e quanto mai preziosa.

Non siamo soltanto capaci di chiedere, di lamentarci, ma anche di tornare a credere in noi.
Questo non va dimenticato, questo deve farci guardare al mondo con gli occhi di chi non ha mai smesso di credere in lui.

©® Foto limian

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.