Scese in piazza l’Italia intera, in quel lontano e straordinario 1982.
L’Italia intera.
E di più scese in piazza quella dei migranti e degli operai, quella della diaspora, del lavoro e della fatica, ascese al tetto del Mondo.
E l’urlo libero un popolo intero, dall’idea di valere meno.
Le Fiat 124 di mio padre vestita a festa, lui e mia madre con vent’anni di Germania sulla schiena, un tricolore cucito in casa e un’asta così grossa e pesante che sembrava uscita da una manifestazione di qualche anno prima.
La tenni alta quella bandiera, altissima, anche se pesava.
Ammetto che lo urlammo, davanti alla tv a tutto volume, qualche insulto pesante ai tedeschi.
Ma era la rivincita dei migranti e dei senza terra.
Tardelli, Altobelli e Paolo. Paolo Rossi.
E un partigiano Presidente. Sandro Pertini.
Quei tedeschi che ci disprezzavano perché mangiavamo spaghetti, quelli che ci inondavano di stereotipi nonostante le loro fabbriche funzionassero grazie a quelli come mio padre e mia madre, caddero in ginocchio.
No.
Non fu solo una partita di calcio.
Fu qualcosa di più.
E quella vittoria, che andò oltre l’evento sportivo, resta legata a un attaccante piccolo piccolo, che bucò la difesa dei giganti teutonici.
Paolo.
Paolo Rossi è andato via. Anche lui.
E se un dio o gli dei esistono, che maledicano per sempre quest’anno orribile.
Addio Paolo Rossi.
Grazie.
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