Ciao Paolo e grazie

DI MICHELE PIRAS

Scese in piazza l’Italia intera, in quel lontano e straordinario 1982.

L’Italia intera.

E di più scese in piazza quella dei migranti e degli operai, quella della diaspora, del lavoro e della fatica, ascese al tetto del Mondo.

E l’urlo libero un popolo intero, dall’idea di valere meno.

Le Fiat 124 di mio padre vestita a festa, lui e mia madre con vent’anni di Germania sulla schiena, un tricolore cucito in casa e un’asta così grossa e pesante che sembrava uscita da una manifestazione di qualche anno prima.

La tenni alta quella bandiera, altissima, anche se pesava.

Ammetto che lo urlammo, davanti alla tv a tutto volume, qualche insulto pesante ai tedeschi.

Ma era la rivincita dei migranti e dei senza terra.

Tardelli, Altobelli e Paolo. Paolo Rossi.

E un partigiano Presidente. Sandro Pertini.

Quei tedeschi che ci disprezzavano perché mangiavamo spaghetti, quelli che ci inondavano di stereotipi nonostante le loro fabbriche funzionassero grazie a quelli come mio padre e mia madre, caddero in ginocchio.

No.

Non fu solo una partita di calcio.

Fu qualcosa di più.

E quella vittoria, che andò oltre l’evento sportivo, resta legata a un attaccante piccolo piccolo, che bucò la difesa dei giganti teutonici.

Paolo.

Paolo Rossi è andato via. Anche lui.

E se un dio o gli dei esistono, che maledicano per sempre quest’anno orribile.

Addio Paolo Rossi.

Grazie.

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