CINGHIALI IN CITTÀ

DI FABIO BORLENGHI

Volpi, orsetti lavatori, cinghiali, daini, caprioli, lepri, conigli, castori…dove potrebbero vivere tutti insieme? Semplice, in una delle più grandi e importanti capitali europee: Berlino.
Ma allora perché i cinghiali a Roma, che tanto riempiono gli smartphone dei romani e le pagine di cronaca cittadina, creano tanto scalpore, attribuendo la causa del problema a un’anomala espansione della fauna selvatica?

Forse perché, come spesso succede a questo popolo, che pure ha dato i natali a Leonardo da Vinci…, non abbiamo capito o voluto capire il fenomeno.
Innanzitutto parlando di cinghiali è bene riassumerne la loro storia nel nostro paese. Fino all’immediato dopoguerra, nel secolo scorso, nell’Italia peninsulare esisteva una ridotta popolazione di cinghiale riconducibile alla sottospecie Sus scrofa majori. Erano cinghiali di ridotte dimensioni rispetto agli attuali e di minor prolificità, frutto dell’adattamento all’habitat della Maremma.

Sulla scia delle trasformazioni socio-economiche e con l’aumento della caccia, conseguenza anche del cosiddetto boom economico degli anni ’50 e ’60, il mondo venatorio iniziò una serie d’immissioni di cinghiali provenienti dall’est europeo; immissioni che andarono avanti fino a non molti anni fa (quelle ufficiali denunciate…). I cinghiali immessi erano “diversi” dai nostrani autoctoni, più grandi e prolifici, perché provenienti da nicchie ecologiche “diverse” dalle nostre, principalmente macchia mediterranea.

In seguito a queste massicce introduzioni per scopo venatorio i nostri cinghiali si sono ibridati con gli esemplari immessi e così, complice lo spopolamento della montagna appenninica da parte dell’uomo e il conseguente aumento di boschi e arbusteti, habitat elettivi per il cinghiale, la popolazione di cinghiale ha subito un trend espansivo senza precedenti, creando problemi alle colture agricole e facendo capolino nelle periferie delle città, complice la disponibilità di cibo lasciato dall’uomo in prossimità dei punti di raccolta rifiuti.
Che succede fuori dal nostro paese?

Berlino, come Roma, possiede molte aree verdi e perfino corsi d’acqua, alcuni di pregio ed estesi, e siccome l’ambiente naturale ospita sempre animali selvatici ecco che i berlinesi hanno imparato a convivere senza troppi problemi con questo prezioso patrimonio naturale grazie al rispetto di una sola regola: non offrire mai cibo agli animali, pena il pagamento di multe salatissime. Così facendo la vita giornaliera di “tutti” gli abitanti di Berlino vede la maggioranza degli uomini vivere di giorno e gli animali…di notte.

Perché allora a Roma le cose vanno diversamente? Perché Roma appena fuori del centro storico è sporca, Berlino no. Una sporcizia che però piace a molte specie di animali in quanto frammisto a tanta biomassa organica presente all’interno dei tanti sacchetti di rifiuti che, come un astratto presepe, sostano sull’asfalto in adorazione delle grandi mangiatoie nere stracolme di altri sacchetti debordanti da esse. Insomma il trionfo del sudiciume e della presa in giro verso i tanti bollettini di conto corrente pagati invano dai cittadini per un servizio che…non serve.

E gli animali? Questi hanno scoperto una vera e propria manna trofica; eccoli: cornacchie grigie, gabbiani, piccioni, gatti e cani randagi, volpi e perfino i famosi cinghiali!…le nuove vedette dei social network romani.
Ma allora non sarà che a essere tanti e troppi in città non sono gli animali ma i rifiuti?
Ebbene sì, è proprio così…alla fine l’importante è capire…sempre. Si obbietterà che comunque sia un cinghiale dovrebbe abitare i boschi fuori del centro urbano, come si legge nei libri di natura o come t’insegnano a scuola. La risposta la possiamo trovare osservando la pianta di Roma su Google Earth. Dalla fascia esterna della città s’inoltrano verso l’interno veri e propri polmoni verdi che attraversano le periferie per poi fermarsi ai piedi dei palazzi della città.

Alcune di queste aree verdi sono anche riserve naturali (Caffarella, Pineto, Tenuta dei Massimi, Insugherata ecc..). Ora mandando all’indietro le lancette dell’orologio di alcuni decenni ci si accorgerà che non sono state le aree verdi a “penetrare” la città ma…i palazzi, ovvero i quartieri. Insomma i cinghiali che di sera nei dintorni della Cassia escono allo scoperto per raggiungere i cassonetti dell’AMA più o meno sono sempre stati lì e se Roma fosse come Berlino non li vedremmo quasi mai se non appostandoci di notte all’interno delle aree verdi dove loro vivono e si riproducono.

E i tanti gabbiani? Qui il discorso è diverso. Nel tempo alcune popolazioni di questa specie hanno trovato più favorevole l’ambiente urbano, complice anche il Tevere, rispetto a quello marino perché più sicuro e favorevole per l’alimentazione, quasi sempre di origine antropica. Nella città di Roma dopo la chiusura di Malagrotta e la conseguente crisi del servizio di raccolta rifiuti si è avuto un aumento di presenza di questi uccelli che hanno ritrovato nelle strade cittadine e a pochi minuti di volo gli stessi sacchetti di rifiuti che prima sostavano a migliaia ammassati sulla collina della discarica più grande d’Europa.

In conclusione gli animali non invadono i luoghi dove l’uomo vive, ma spesso è l’uomo che li richiama seminando cibo e rifiuti qua e là…

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