DI GIOVANNI BOGANI
“Puta caso, caso puta”. Lo dicevi spesso. Voleva dire “metti che…”.
Puta caso, ma sì, certo che è italiano. Ma ti colpiva, l’enormità dei casi possibili. L’enigma delle combinazioni infinite che la vita crea.
Eri perfettamente a tuo agio con la vita che avevi vissuto, non ne volevi un’altra, non ti veniva neppure in mente che avresti potuto essere un’altra, se tu fossi nata in un altro paese, in un altro secolo, se a cinque anni tu fossi approdata in un altro quartiere.
Però ti colpiva che ci fossero così tante possibilità, così tante persone, così tanti casi diversi del destino.
Anche nell’aldilà. Ti chiedevi “ma come faremo a reincontrarci, tra miliardi e miliardi di persone?”.
Non ci avevo mai pensato, io. Per me era ovvio che, se c’è un aldilà, sarà immediato ritrovarsi, in un flash di luce che dura un millisecondo e insieme settantamila eternità, sarà una condivisione istantanea, come essere connessi a un grande server, il server dell’universo e di tutti gli universi possibili, e saremo io, te, papà, papà quando era bambino, il nonno quando ha incontrato la nonna, saremo tutti gli avi che non abbiamo conosciuto, saremo dentro la testa e l’anima dei miei amici, dentro la testa e l’anima delle persone che ho amato, e anche di quelle che non ho mai capito. Puta caso, caso puta che andasse a finire così.
***
Come faremo a riconoscerci, come faremo a ritrovarci? Se salgo su, poi in qualche modo ti trovo. Dovessi metterci un’eternità, per ritrovarti.
Ridi, eh? “Ridi ridi, che mamma ha fatto gli gnocchi!” dicevi. Ma che voleva dire? Che comunque, tu gli gnocchi non li facevi mai. E poi non li chiamavi gnocchi: erano i topini. Perché topini, poi? I topi non è che siano molto buoni da mangiare, pensare ai topi mentre mangiavo gli gnocchi non era il massimo.
Quando volevi esagerare, facevi – semmai – il castagnaccio, che chiamavi “pattona”. Quando, in inverno, insieme all’odore di cherosene nella casa c’era odore di bruciato e di farina di castagne, avevi fatto la pattona.
Una massa brunastra, compatta, che usciva fuori dal forno allo stato roccioso, una specie di enorme caramella mou amara, come un enorme budino duro, scuro, che sapeva di inverno e – per me – di miseria. Invece ti piaceva tanto. Ecco, speriamo che nell’aldilà ci sia un servizio mensa. Oppure, nel caso, cucino io, mamma.
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