Constantin Brancusi, “Uccello nello spazio”

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Lo scultore rumeno Constantin Brancusi opera prevalentemente a Parigi, città in cui giunge arrivando a piedi dalla sua terra natia – una notevole impresa, che non manca di suscitare rispettosa ammirazione – più o meno nello stesso periodo in cui nasce e si sviluppa il Cubismo.

Tra i più convinti sostenitori della ricostruzione neoplastica dei corpi, Brancusi passa attraverso differenti esperienze, per poi ricercare quella essenzialità volumetrica che diventerà una inconfondibile caratteristica delle sue creazioni.

Occorre trovare la forma nella sua assolutezza, perseguendo un ideale di purezza e linearità ottenibile solo mediante un materiale modellato secondo specifici aspetti, e consistente in un elemento regolare e naturalmente levigato, o tutt’al più risultante tale a seguito di opportune e scrupolose lavorazioni.

Un rigore stilistico ai limiti dell’introspezione, tanto da far riflettere, al cospetto delle sue creazioni, riguardo la possibilità di trovarsi di fronte a qualcosa di libero, mai forzato.

L’intervento dell’artista appare di secondo piano, sottostante ad una imprescindibile autonomia in grado di liberare la forma interna già preesistente.

Una concezione simile a quella dei Prigioni michelangioleschi, colti nell’atto di liberarsi dall’involucro esterno, per i quali l’autore si limita a consentire alle suddette figure di riprendere il proprio posto nella dimensione spaziale, ispirata alla creatività della natura, perfetta e finita, solo da assecondare.

Una natura, nella confacente definizione di Renato Barilli, padrona di sé e dei suoi ritmi; che non gioca a dadi – Einstein sosteneva fosse Dio, a non giocare a dadi con l’universo, e pare che Niels Bohr, in un’occasione, gli abbia prontamente ribattuto di smetterla di dire a Dio cosa fare – ma controlla i suoi stessi processi con infinita sapienza.

L’arte brancusiana appare saldamente geniale, baluardo di inossidabile libertà destinato a dominare la creatività secondo modelli ideali.
Altri scultori, in seguito, si ispireranno allo stile dell’artista, tra i quali Arnaldo e Giò Pomodoro, ma anche lo stesso Amedeo Modigliani.

Uccello nello spazio, del 1940, rende perfettamente l’idea della ricerca di perfezione dell’autore, il quale astrae dalla raffigurazione naturalistica per lanciarsi luminosamente nello spazio.

Del resto sarà lo stesso Brancusi a spiegare la propria aspirazione di andare oltre lo stadio materiale, realizzando un progetto che, se ingrandito, riempirebbe il cielo.

Non di poco conto, inoltre, anche a livello di notorietà, la causa intentata contro il servizio doganale degli Stati Uniti, che aveva preteso di tassare una delle sculture in bronzo, trattandola alla stregua di materiale grezzo, quest’ultimo effettivamente soggetto a tassazione…

Constantin Brancusi, Uccello nello spazio, 1940, bronzo, h. m.1,36, Venezia – Collezione Peggy Guggenheim
Immagine: web

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