CORONAVIRUS: SALVIAMO IL SALVABILE

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

Mesi di preoccupazione, di isolamento fisico, di regole da seguire.
Mesi con mascherine che nascondono le nostre espressioni, regalando in qualche modo la possibilità di preservare la salute altrui, ed anche, parzialmente la nostra.
Città silenziose, avvolte da una magica aura di aria più respirabile, di corsi d’acqua più puliti, di incontri con animali difficilmente visibili nel caos della quotidianità, strade sicuramente più pulite, cieli più limpidi che davano la possibilità di vedere il panorama in lontananza.

Regole che ci hanno cambiati, sicuramente, che hanno cambiato il nostro stile di vita, che a detta di alcuni avrebbero dovuto migliorarci.
Regole che abbiamo seguito solo perché imposte, o perché realmente abbiamo preso coscienza con ciò che vuol dire prendersi cura dei luoghi in cui viviamo, di noi stessi e conseguentemente anche degli altri?
Un bel dilemma, a cui sono seguiti comportamenti inadeguati di qualcuno, di superficialità per altri, di negazione dell’ovvio a favore della negazione di una realtà inquinata ed inquinante, per altri ancora.

Non semplice il restare chiusi in casa, l’effettuare uscite solo per motivi validi bardati come inespressivi automi che ripercorrono passi su luoghi conosciuti che paiono aver perso le solite sembianze.
Pesante stare a casa, non vedere le persone a cui si vuole bene, non poter disporre del proprio tempo libero, privare i bambini della scuola e delle loro interazioni personali da cui apprendono, si formano, crescono.
Una dimensione di vita nuova, aiutata dalla tecnologia, ma anche separata dagli schermi che del calore di una pacca sulla spalla, di un abbraccio, di un bacio proprio paiono non avvertire la mancanza.
Un periodo pesante, che se da una parte ha messo a nudo le nostre fragilità, dall’altra ha esaltato la creatività, quella sopita e rapita da una frettolosa vita.
Ad avvertire le privazioni siamo noi «umani», che attraverso comportamenti «disumani», ci siamo spesso cacciati in situazioni che osservate ora fanno rabbrividire.

Perché lo abbiamo fatto?
Per emulare chi pensando di vivere in modo «libero» si è dimenticato di non essere da solo a vivere su questo pianeta?
Perché emulare i comportamenti di chi si trasforma in guru mediatico, fa tanto figo?
O soltanto perché essere distratti richiede meno impegno e non abbiamo poi tutta questa voglia di impegnarci anche se si tratta di noi?
Le conseguenze di questa pandemia le abbiamo viste quasi tutti, molte le famiglie che hanno avuto perdite di vite.
Molte anche le famiglie che hanno contatti con infermieri, dottori, che hanno ascoltato racconti toccanti o che li hanno vissuti quando a fine turno questi stessi infermieri rientravano a casa stremati.
Alcuni di loro, per non dire numerosi di loro, hanno contratto il virus.
Molti sono deceduti, così, svolgendo il loro compito.
Eroi dapprima osannati e poi dimenticati.

Così, in un batter di ciglia, come da manuale, perché, se c’è una cosa in cui siamo proprio imbattibili, è questa: abbiamo la memoria corta e la lingua troppo lunga.
Promettiamo e quasi mai manteniamo, e con : «tana, libera tutti!», non abbiamo certamente perso l’occasione per dare il peggio di noi.
Come se nulla fosse accaduto, come se non ci fossero state sirene a riempire i silenzi di giorni lunghi ed interminabili, come se la cosa non ci riguardasse più.
Ed invece, ci riguarda eccome!
Siamo tornati ad inquinare, a riempire di sporcizia le nostre strade, a sversare sostanze di dubbia composizione nei fiumi.

Siamo tornati ad affollare locali, a riempire mezzi di trasporto, alla movida che profuma di tutto tranne che di vida.
Ecco che regole che dovrebbero essere insite in ognuno di noi, e non solo a causa del virus, sono state dimenticate, superate, già obsolete per molti, quando di fondamentale importanza per condurre un’esistenza attenta e sana.
Pensiamoci bene, soprattutto quelli che immancabilmente sfoderano i «soliti» post estivi sui social, in cui si lamentano delle ascelle «pezzate» e mal lavate: quanto è importante avere cura di se nel rispetto degli altri?
Pensiamo a quei banconi pieni di piatti e piattini che ospitano prelibatezze durante gli happy hour: allineati e presi d’assalto da chiunque, esposti a forfora, capelli, particelle di saliva, polvere, e quando va male, anche ad insetti.

Ci si azzuffa per ingurgitare cibo pagato, e in qualche modo, contaminato, ma lo si fa, lo si trova «normale»,si smette di essere «puliti solo noi», e va bene tutto…
Non si sente la mancanza dei buffet che comunque vengono serviti al tavolo, e neanche della file che pochi rispettano e ti fanno sentire sempre in mensa aziendale, piuttosto che in vacanza.
E di quelle imbarcate di gente che riempie oltre il limite della sicurezza, piazze e discoteche né vogliamo parlare?
Luoghi in cui si pensa di essere in compagnia, ma la maggior parte delle volte ci si ritrova soli in mezzo a tanta gente sconosciuta?
Fiumi di alcol, profitti, ingressi numerosi e situazioni pericolose in cui ci si espone rischiando all’interno dei locali, o in macchina, durante il rientro, che non è quasi mai verso casa, ma verso altri locali in cui si va a finire di stordirsi, bevendo ancora.

Colpa solo dei giovani?
Oppure responsabilità di chi non vigila, come dovrebbe su loro?
Colpa del mondo a cui avremmo dovuto voler bene ed invece abbiamo avuto poca cura, fornendo loro l’esempio errato?
Colpa delle auto di grossa cilindrata che hanno sotto il sedere per non farli sentire inferiori agli amici, oppure usate per riempire il senso di colpa di molti genitori che non riescono ad essere presenti, come dovrebbero, durante l’anno?
La vita è dura, per tutti, e pensare che qualcosa di infinitamente piccolo come un virus, dovrebbe servire per tornare a rimettere al centro di tutto l’essere umano lo è ancor di più.
Per alcuni, per molti, valutate voi, è più semplice adeguarsi alle masse, piuttosto che interrogarsi, cambiare direzione, andare contro corrente, ma preservare la vita stessa, i valori, gli obiettivi, termini desueti, che non fanno notizia, ma che indubbiamente aiutano a non buttarsi via.

Abbiamo imparato qualcosa?
Preferiamo lamentarci e crogiolarci nella mancanza di chi avrebbe dovuto preservarci?
Oppure per una volta, una volta sola vogliamo fermarci, porci due domande e smetterla di ricoprire il ruolo di marionette telecomandate, che sono costrette a subire, dimenticando che tutto dipende da noi?
È vero, spiegare alcuni concetti non è semplice, insegnare che non si «vale» in base ai locali di tendenza che si frequentano lo è ancor di più.
Privarsi di momenti ritenuti fondamentali, che si trasformano spesso e facilmente, nell’apertura verso un futuro ancora più incerto finisce con il diventare un’impresa complicata.
Ma bisogna provare, bisogna salvare il salvabile, bisogna comprendere che attraverso piccole azioni e comportamenti più responsabili, non si diventa ridicoli ma si gettano basi per un futuro più vivibile.
Prendere le distanze per avvicinarsi alla vita, mai, come adesso, è importante.

Non è solo una questione giovanile, gli esempi arrivano sempre dagli «adulti», che hanno smesso di saper ascoltare, e vogliono dimostrare di essere invincibili, quando, magari qualcuno lo fosse realmente, forse le cose andrebbero davvero diversamente.
Tutto questo per dire che: si possono fare tante cose, non abbiamo perso chissà che, ma dobbiamo continuare a prestare attenzione a poche e semplici regole che non sono utili solo a noi, ma lo sono per gli altri e per il pianeta in cui viviamo, che ci ospita nonostante tutto ciò che gli facciamo.
Trasformare la pandemia in un’opportunità che ci possa rendere migliori, lavandoci più spesso le mani, indossando una mascherina, evitando assembramenti è prima di ogni cosa ciò che dobbiamo a noi stessi, alla fortuna di essere vivi, a chi la vita l’ha persa, a quanti hanno fatto sì che molte vite si siano salvate, a chi ci ha assicurato cibo e conforto, a chi l’ha trasportato per noi, a quanti non sanno neanche dove recarsi per portare un fiore ai loro defunti.
Salviamo il salvabile!


©® foto limian

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Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.