Cosa ti è successo, mia cara Venezia?

DI INES GUADAGNINI

Cosa ti è successo, Venezia mia !
Sento sbattere le onde sui tuoi muri intrisi d’ acqua e di storia ed è l’ unico suono in questo silenzio sospeso nel tempo.

Calli e campi, da sempre lontani dalle folle chiassose, sono ancora più vuoti, se non fosse per quei panni stesi ad asciugare che danno conto di presenze umane, comunque.

Vecchie case, a picco su canali che sembrano lì solo per dividerle; una pianta, resa nuda dall’ inverno, sporge fiduciosa i suoi rami spogli oltre l’acqua e quasi ce la fa a raggiungere l’ altra sponda, l’ altra casa. Sembra cercare un residuo di vita.

Mi allontano, mi guardo intorno, vedo qualche passante, tutti i negozi e i bar sono chiusi…riprendo il cammino. Nel tragitto, c’è solo il rumore dei miei passi che rimbomba lugubre, strano, irreale.

Lungo il Canal Grande i vaporetti stazionano alle fermate, vuoti. Alcune gondole scivolano lente ; il gondoliere affonda il remo nell’ acqua senza vigore, non deve affrettarsi, nessuno lo attende.

Il Ponte di Rialto, con le sue botteghe arrampicate sugli scalini, piazza San Marco, il Palazzo Ducale sono deserti, come mai era accaduto prima d’ ora !

Cosa ti è successo, Venezia mia !
Eppure, ogni altra volta , io ti ho vista traboccante di vita fin dal mio arrivo a Piazzale Roma, giù da quella scalinata che accoglie nugoli di visitatori, giunti in massa da ogni parte del mondo, come sciami d’ api su di un campo fiorito .

Ho percorso calli e campi risuonanti di voci, ho seguito le indicazioni “ per San Marco” driblando folle di genti, facendomi spazio fra turisti italiani e stranieri diretti, come me, verso la piazza più bella del mondo.

Ho sentito i richiami allegri dei gondolieri che , incrociandosi, si salutavano “ ciao vecio, se vedemo doman “.

E il suono scomposto dell’ acqua che sbatte sulla prua dei vaporetti, il loro clacson che ne annuncia la partenza per Murano e i suoi vetri splendenti sotto il sole d’ oriente, e per Burano con le case colorate dei pescatori e i suoi merletti: quanta allegria intorno, quanto chiasso di gente festosa e incantata da ogni tua bellezza.

Le campane a festa, il battito d’ ali di gabbiani e colombi a far la spola fra terra e mare.
Ed ero lì anche quando, come ogni anno, ti presentavi in maschera per il Carnevale in un tripudio di colori, piume, pizzi e merletti: un nobiluomo del ‘700 , elegantissimo nel suo abito di velluto, fa il baciamano a una dama velata, sotto il campanile di San Marco; due pierrot occhieggiano spiritosi dalla colonna di un portico … e poi ancora, un soldato napoleonico e una ballerina, una strega e mago Merlino, dei nobili medioevali, dei mercanti d’ oriente, dei giullari di corte, tutti in posa per una foto!

Ho il ricordo di abiti ricchi e maschere bellissime che celavano identità improbabili, ma così …solo per vezzo o per gioco! Cappelli, pennacchi, mantelle, ventagli, velette, per il divertimento di tutti, grandi e piccini !
E ora? Cosa ti è successo , Venezia mia!

Così sola, così vuota, così triste non ti avevo mai vista !
Ma non sarà per sempre, prima o poi finirà questa agonia.
Nella tua storia millenaria, sei caduta e sei rinata.

Penso alla tua grandezza, ma anche alla tua fragilità e mi chiedo se , nel passato, tu stessa non abbia invocato, ultima speme, un po’ di fortuna, a risollevarti da battaglie che sembravano ormai perse .

Sarà un caso, ma a Punta Dogana, fra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, esiste la statua della Fortuna. E’ posta sulla Palla d’ oro , una sfera in bronzo dorato, sostenuta da due atlanti.

E’ rotante, per indicare la direzione del vento, ma simboleggia anche la mutevolezza della fortuna stessa.

Non sarà certo disdicevole, in questi giorni di grande sofferenza, sperare che il vento soffi finalmente dalla parte giusta e che per una volta ancora la sorte ci assista e torni a baciare te e tutti noi .

Buona fortuna, Venezia mia !

 

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