Cos’è la resilienza?

DI PINA COLITTA

Oggi voglio parlare di resilienza, come potevo non farlo dopo aver raccontato di emozioni, di situazioni che intossicano!

Ecco la resilienza la immagino come una cornice della psiche emozionale. Chi ne ha voglia e coraggio, solitamente ci si relaziona ad uno psicoterapeuta o ad un consulente quando è in piena crisi ed ha subito un trauma, quindi si tratta spesso di una terapia a posteri.

Eppure esiste, però, una psicologia preventiva, che mira a dar fiducia e ad attivare quei meccanismi che possono trasformare ognuno terapeuta di se stesso.

Nell’ambito di un percorso di introspezione, far conoscere questi meccanismi è già un primo passo per poterli mettere in atto quando se ne presenta la necessità, ossia mettere in atto quella che è l’arte di risollevarsi.

Ci sono persone che crollano di fronte a difficoltà di media entità e persone che riescono a resistere ad esperienze che per altri potrebbero essere coercitive, in pratica si tratta di persone deboli e persone resistenti.

La resilienza è presente in ogni individuo a seconda delle esperienze vissute, delle caratteristiche individuali, delle memorie di situazioni passate, dell’influenza, più o meno incisiva, di persone incontrate nel corso della vita.

Cosa è questa resilienza? La resilienza è, infatti la capacità di trarre dalle esperienze negative insegnamenti utili, senza lasciarsi abbattere o spaventarsi più del necessario.

E’ altresì l’abitudine a rimanere lucidi, senza lasciarsi scoraggiare in modo tale da vivere le esperienze come differenti e affrontabili, con strategie diverse, senza lasciarsi fagocitare dal ricordo che un momento negativo, qui e ora, debba essere necessariamente affrontato come in passato, con modalità che hanno portato magari ad un’enorme dispendio di energia e crollo delle certezze.

Spesso la persona ingabbiata in uno stato emotivo castrante, ha trasformato certe paure infantili in fobie che, diventando croniche, suscitano reazioni eccessive.

Magari fosse facile per chiunque chiedere aiuto! Eppure sarebbe assolutamente necessario perché la fobia spesso si imprime nella memoria, genera angosce che interferiscono con la capacità individuale di fronteggiare le situazioni e di compiere scelte razionali.

Ed anche in questo caso si ritorna al retaggio educativo familiare. Quando l’educazione dei figli è in armonia con la natura dei medesimi, quell’adulto che è stato figlio, sarà in armonia con se stesso e con gli altri.

Oggi, sempre più spesso, il rapporto genitori-figli è caratterizzato dalla separatezza emotiva, dalla solitudine di giovani e adulti, e soprattutto di quei figli che diventano adulti in solitudine e in aridità emotiva con numerose paure.

Bisogna ricordare sempre che un adulto che vive e cresce è stato un bambino che è cresciuto, sentendosi compreso; un bambino è compreso quando un genitore si mette in ascolto delle proprie emozioni.

Non smetterò mai di dirlo!

Un uomo libero nelle emozioni è stato un bambino libero nel gioco, che rappresenta un luogo della mente, uno spazio libero in cui egli si sente in libero movimento aperto al sogno e alla realtà. E’ proprio nel gioco che il bambino può vivere emozioni ricche di significato, sperimentando un esercizio di libertà intellettuale.

Il gioco serve a preparare gli apprendimenti futuri e la padronanza delle emozioni.

Una persona sicura della propria identità di individuo è una persona che ha rafforzato la tendenza, nella sua infanzia, di essere un bambino spontaneo, di essere se stesso nei suoi rapporti anche con i genitori, perché proprio questo rafforzerà la capacità da adulto a far fronte alla realtà positivamente, nel modo che gli è più congeniale.

Ancora una volta, si evidenzia che la maturazione emotivo-affettiva, è intesa come accrescimento della consapevolezza di sé e delle proprie capacità di reazione e relazione.

E questa ottimale situazione di consapevolezza può essere racchiusa in una sola importante parola: resilienza

 

“La vita è come l’acqua del mare: agitata, sgradevole a bersi, ma capace di sostenere coloro che remano.”

René Bazin

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