Covid 19 e il vaccino della discordia

DI RITA BONETTI

Da una parte siamo ormai insofferenti alle misure restrittive imposte per mantenere sotto controllo i numeri della pandemia e non vediamo l’ora di poter liberarcene.

Dall’altro, però, molti sono scettici al cospetto di quella che sembra essere la possibilità più concreta per riappropriarci della nostra vita. Ovvero: la vaccinazione.

Si temono gli effetti collaterali, presenti peraltro in tutti farmaci. Prendiamo medicinali per varie patologie anche solo consigliati da amici non medici, senza conoscerne effetti collaterali, composizione e via discorrendo e ora tutti a fare gli esperti, i virologi dell’ultima ora laureati all’Università della vita!

Il problema è che se non si vaccinerà almeno il 75/80 % della popolazione, l’immunità di gregge si raggiungerà comunque ma con il sacrificio di altre tantissime vite umane, come ai tempi della peste, della spagnola e di tutte le passate epidemie.

In questo clima si innesta la questione dell’obbligo vaccinale. La Costituzione è chiara: nessuno può essere costretto a subire un trattamento sanitario per mezzo di una legge.

Tuttavia vi sono alcune professioni, in primis quelle sanitarie ma non solo, per le quali essere vaccinati sarebbe una indispensabile tutela non solo per se stessi ma anche per gli altri.

In questi casi a mio avviso sarebbe opportuno, sempre tutelando la scelta individuale, condizionare l’idoneità all’accesso o all’esercizio di tali professioni, all’accettazione della vaccinazione.

Sicché al trattamento ci si può sottrarre decidendo di non svolgere quella professione.

Immagine tratta dal web

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