DI GERARDO D’AMICO
Come ogni frutto della creazione individuale, anche i farmaci sono coperti da brevetto, se chi ci ha messo soldi, tempo, capacità e mezzi produttivi lo richiede.
Per alcuni è uno scandalo, visto che salvano vite e dovrebbero essere a disposizione di tutti: ma anche i respiratori automatici sono indispensabili alla sopravvivenza, anche di una siringa per infondere un farmaco non si può fare a meno, però nessuno chiede che i brevetti per quegli oggetti siano rimossi o sospesi.
Non condivido la campagna che si sta facendo in tal senso, che trovo ideologica e fuori dalle regole di mercato che hanno portato a quel miracolo a cui stiamo assistendo, vaccini per cui occorrono solitamente anni invece pronti- sicuri ed efficaci stando ai primi risultati- in otto mesi.
Si dice, giustamente, che quelle aziende farmaceutiche in effetti abbiano raggiunto questo risultato grazie ai generosi finanziamenti pubblici che sono stati loro offerti o direttamente, come ha fatto il governo americano, o indirettamente comprando anticipatamente ed a scatola chiusa quei prodotti ( se il vaccino non fosse arrivato o non avesse funzionato soldi buttati): ma dovevano essere i governi a stabilire, nell’atto dei finanziamenti, delle regole sul futuro: ti do i soldi, ma per X anni tu mantieni il costo del vaccino a X dollari.
Non sembra che lo abbiano fatto, e credo che non fossero nella condizione di imporre alcunché sia per l’emergenza mondiale, sia per la mancanza di strutture pubbliche in grado di sostituirsi a quella ricerca e a quella produzione.
Bisognava nei decenni passati non permettere alle Università di lavorare praticamente gratis alla ricerca di base cedendo quei risultati per pochi spiccioli alle case farmaceutiche ( questo in generale, non solo sui vaccini): ma ci sarebbero voluti allora adeguati finanziamenti pubblici a quel lavoro, che non ci sono mai stati per motivi che qui tralasceremo.
Tornando al vaccino, Astra Zeneca ha annunciato un prezzo politico di un paio di dollari a dose, ma non si sa per quanto. Pfizer dovrebbe vendere il suo vaccino a 25 dollari a dose, prezzo tutto sommato ancora sostenibile. C’è modo di imporre a queste ed altre multinazionali di rinunciare o congelare il loro brevetto? O di sottrarre loro la produzione per farla dove, e con quali linee industriali? Chi stia pensando all’Istituto Farmaceutico Militare toscano non ha idea di cosa sia la produzione industriale di un vaccino.
Ed allora come calmierare il prezzo di questo farmaco indispensabile ed urgente? Soprattutto, il vero problema, come garantirlo anche ai Paesi poveri che non hanno soldi per comprare quei milioni di dosi?
Col mercato, semplicemente.
Se il vaccino della Pfizer costa dieci volte quello di Astra Zeneca, si fa a meno di acquistarlo, passata la prima fase del post emergenza: a meno di accordi di cartello ( per cui esistono gli Antistrust) il prezzo si allineerà verso il basso.
È capitato con tanti altri farmaci pure quelli salvavita, perso alla terapia per l’epatite C che viaggiava a centinaia di migliaia di dollari appena uscita ( sofosbuvir) ma poi, con la comparsa di altri farmaci simili si è assestata attorno ai 5000.
Sono troppi? E quale industriale impegnerebbe anni di ricerca ed investimenti ( attorno al miliardo di dollari per ogni principio attivo: se non gli si garantisce un ritorno economico? Il risultato sarebbe semplicemente non avere a disposizione quel farmaco.
Per i Paesi poveri, va supportata l’azione di Gavi ed altre organizzazioni internazionali che comprano quei farmaci per distribuirli gratuitamente a chi non può permetterseli: conviene anche a noi Paesi ricchi, visto che se resistono focolai in alcune zone del mondo, neppure noi saremo al sicuro dato che non si vaccinerà l’intera popolazione, un po’ per mancanza di dosi un po’ per la demenziale propaganda dei novax. E quei nostri concittadini sarebbero pronti a far ripartire focolai anche da noi.
Scandalizzarsi perché esiste un brevetto ed una proprietà intellettuale è quanto meno ingenuo, nel mondo che abbiamo costruito ed in cui viviamo.
(Si porta ad esempio il generoso atto di Sabin che decise di rinunciare al brevetto per il vaccino contro la polio, rendendolo disponibile al mondo: se pre onore al grande scienziato, ma fu appunto un atto volontario).
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