L’orrore cammina con noi, E’ in noi. A Crema una donna si è data fuoco ed è morta in un campo pubblico dinanzi ad un ristorante. Tra la ventina di persone presenti all’atto solo un uomo è intervenuto cercando di sedare le fiamme; gli altri, ha testimoniato il soccorritore, riprendevano tutto col telefonino.
Le ambulanze, importante ricordarlo, sono intervenute dopo una ventina di minuti dalla chiamata.
Riprendo/fotografo il suicidio ergo sono, io sono quindi ‘chatto’: non bruciavo ma fermavo l’attimo.
E’ possibile, mi domando, confondere a tal punto la realtà con la fantasia? (Pastiglia rossa o pastiglia blu?)
Tanto da credere che per salvare il prossimo basta pubblicarne la foto?. Tanto da autoconvincersi che per Essere, oggi, basti avere (in questo caso il tel. cellulare?).
ad una istituzione scuola censurata quindi deviante, non più in grado -è lapalissiano- di stare al passo coi tempi.
La malattia del nostro tempo è l’abitudine al peggio, è l’individualismo, il tutto e subito, l’usa e getta, la mancanza di significato della esistenza; ed è questa mancanza che ha sradicato l’uomo dal cosmo.
Solo quando l’uomo è pronto ad assumersi tutta la responsabilità di ciò che vive e che gli accade dentro quindi attorno, è in grado di scoprire -accettare oppure no, comunque comprendere- la significatività del ‘destino’.
I segni del tempo portano a pensare che questa malattia collettiva, questo vero e proprio cancro dell’anima,
si trasformerà in salvezza; e che sempre più persone, mi auguro, saranno indotte a riconquistare un senso nel loro vivere: oltre i pregiudizi, i veli, le superficialità imposti.
E’ perdendo tutte le paure che si ritrova la nostra origine prima.
Il fine è la perfezione come espressione dell’unità.
Questa unità che noi chiamiamo Dio.
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