Da che “pace” stai?

DI ROBERTO BUSEMBAI

 

I giovani, i maschi, insieme al sagrestano della nostra basilica erano adibiti ai lavori più pesanti e infatti erano loro che si dovevano procurare i tavoli.

Una volta trovati, andavano spostati dalla canonica, dall’ufficio di Monsignore e alcuni anche dalla sacrestia, e portati e allineati al transetto destro dell’altare maggiore, poi erano le ragazze insieme alla perpetua, che stendevano sopra immense tovaglie bianche e profumate. 

Così, tutte insieme preparavano il tavolo che all’indomani, il giorno di festa, il giorno di Pasqua, sarebbe stato apparecchiato da ogni fedele che si recava alla Messa.

Era la tradizione, forse folklore, che superava la fede stessa, ma ogni domenica di Pasqua nessuno poteva recarsi a Messa senza avere tra le mani anche un solo uovo cotto, un uovo sodo, che posavamo su quei candidi tavoli.

Ognuno aveva il suo modo di portarlo, chi un cesto, chi avvolto in un tovagliolo accuratamente chiuso con i lembi intrecciati, chi addirittura in un vassoio o un piatto, chi incartato.

Posavamo quel cibo umile, chi oltre uno, due o tre, anche cinque o sei, non era il numero che aveva rilievo, ma il gesto. Una volta posato sul tavolo insieme a tanti altri, si apriva il suo involucro e lo tenevamo aperto bene in evidenza insieme a tanti altri che pareva facessero capolino tra quell’insieme colorato di tovaglioli, stracci e cartoni.

A un certo punto della funzione pasquale l’officiante usciva dall’altare maggiore e si avvicinava a quella lunga e variopinta tavola e aspergeva sopra le uova, l’acqua a benedire. Terminata la Messa, ognuno riprendeva con cura le sue uova ricomponendo il contenitore e poi a casa, prima del pranzo pasquale con i parenti e amici, divideva in parti eguali l’uovo sodo e ognuno ne prendeva il suo pezzetto e lo mangiava.

Tutto questo prima di ogni cibo e ogni bevuta ed era in quel preciso attimo, in quel determinato momento che davvero sentivamo la Pasqua, la vera Pasqua di pace, tra di noi, tra parenti e amici stretti, tra fratelli e sorelle, tra madri e figli, tra padri e nonni.

Pace, una parola che difficilmente viene usata e concepita, l’uomo ha un rapporto di conoscenza di pace che esula il principio stesso della parola, per l’uomo pace è sinonimo di compromesso, si dà un qualche cosa solo se si ottiene un’altra cosa, io ti do se tu al contempo mi dai, e solo così possiamo vivere in pace l’uno verso l’altro.

Abbiamo coscienza piena della pace, ma una pace di “interesse”, oggi più che mai in questi giorni in cui la guerra ci sta stretta e vicina, abbiamo bisogno forte di pace. E’ già difficile dire “da che parte stai?” che qualsiasi sia la risposta si rischia il linciaggio, ma è già di per se assurdo proporre una simile domanda, nella guerra non “si sta per l’uno o l’altro” se non siamo amanti della guerra stessa.

Ed ecco allora che nasce naturale la risposta “ io sto per la pace!” Ma “ da che pace stai”? Forse quella che ti permetta ancora di vivere egoisticamente con la libertà di un ristorante sotto casa, la televisione a scelta, il supermercato anche per l’eccesso, il lavoro e la casa di proprietà, forse è da questa parte che sta la tua Pace?

O la pace che abbia il compromesso di poter andare ancora avanti, tra una guerriglia di oggi, una violenza domani, una rivoluzione, un estremismo lontano, ma che non intacchi il conto bancario e azionario, o se non altro quel tanto da trovare altre soluzioni o altre guerre da fare.

Ma è duro il concetto, è quasi innaturale, come se l’uomo non fosse abituato a dare e donare, quando eravamo bambini, il nostro compagno di banco ci poteva chiedere un inchiostro di china di un colore che lui non possedeva mentre magari aveva una matita di un rosso che noi non avevamo, ed ecco che alla richiesta di lui della china, rispondevamo forse si certo.

SE….se tu mi dai la matita di quel rosso particolare…..mai che fosse partito da noi o dall’altro il bisogno di dire…ho la china di un colore speciale, se la vuoi la puoi usare, oppure ho visto che non usi nessun rosso per colorare con le matite, se vuoi ne ho qui quante ne desideri…

E’ solo un esempio, anche banale e di poca importanza, ma basta a far capire che pace non è contraccambiare con interesse ma deliberatamente volerla senza alcun fine.
Oggi è Pasqua e io voglio immaginare un “domani” dove si stenderà una immensa tovaglia bianca su questo mondo e ognuno che  vi posi un uovo sodo con sopra una bandierina con i colori della Nazione a cui appartiene così da illuminare la tavola di svariati colori.

Poi improvvisamente vedere un vento impetuoso che fa volare tutte quelle bandierine e allora al momento in cui si dovrebbe riprendere il nostro uovo, capire e comprendere che tutte le uova sono assolutamente uguali e lo sono nel colore, nella forma e soprattutto nel sapore!

Immagine tratta dal web

 

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