Da Doretta Graneris ad oggi: quando l’amore diventa l’attenuante di efferati omicidi

di Maria Parente

C’è sempre un movente, una giustificazione razionale, nella mente di un’omicida: la folle idea di eliminare in modo drastico e definitivo quella persona che rappresenta un intoppo alla realizzazione della propria esistenza prende vita lentamente fino a mettere in atto un piano infallibile che consentirà all’omicida di realizzare il disegno criminale.

Genitori, fratelli, vicini di casa, compagni o figli: la scelta della vittima ruota generalmente intorno a figure famigliari e inconsapevoli della triste sorte che li attende da lì a poco. Tormento, angoscia, esasperazione: ogni caso è a se e si distingue per dinamiche e retroscena differenti ma ciò che accomuna i carnefici è il desiderio di vendetta, di rivalsa, sulla persona “ostacolo vivente” alla loro vita.

In Italia il numero complessivo di omicidi si aggira tra 300-400 vittime annuali: nel 2019 gli omicidi sono 315 (345 nel 2018): 204 uomini e 111 donne. E’ interessante sapere che gli omicidi sono in calo fin dagli anni Novanta, soprattutto quelli dovuti alla criminalità organizzata (29 nel 2019, il 9,2% del totale) mentre in ambito familiare o affettivo aumentano invece le vittime: 150 nel 2019 (47,5% del totale); 93 vittime sono donne (l’83,8% del totale degli omicidi femminili).

Tra i più noti ed efferati omicidi in Italia ce ne sono alcuni che ribaltati alla cronaca hanno lasciato una traccia indelebile per una serie di fattori, quali l’efferatezza, la follia, la futilità dei motivi e la vigorosa pressione mediatica esercitata dalle tv e stampa nazionali.

Doretta Graneris è stata protagonista di uno tra i più sprezzanti omicidi della narrazione italiana, benché plurimo, con il supporto del suo fidanzato Guido Badini , uccisero con una pistola cinque membri della famiglia della ragazza; il caso ebbe all’epoca grande rilevanza mediatica per l’efferatezza del delitto e le implicazioni sulla morale comune.

Le vittime furono i genitori di Doretta, Italia Zambon (41 anni) e Sergio Graneris (45 anni), i nonni Romolo Zambon (79 anni) e Margherita Baucero (76 anni) e Paolo Graneris (13 anni), fratello di Doretta Graneris. Dalle indagini emerse che Graneris aveva un rapporto conflittuale con i genitori, con cui litigava anche per i motivi più futili. Doretta Graneris, che in carcere ha conseguito la laurea in architettura, nel 1992 ottenne la libertà condizionale. L’atto di clemenza suscitò polemiche.

Il caso è stato ripreso nel febbraio 2001 dopo il delitto di Novi Ligure, per via dei diversi punti in comune tra i due delitti, e nel 2008, a seguito della semilibertà concessa a Pietro Maso, anch’egli autore dell’assassinio dei genitori nel 1991.

Il delitto di Novi Ligure fu un caso di duplice omicidio avvenuto il 21 febbraio 2001 nella città italiana di Novi Ligure, in provincia di Alessandria. Erika De Nardo di sedici anni-oggi 37enne- e l’allora fidanzato Mauro Favaro, detto “Omar”di diciassette anni, uccisero premeditatamente a colpi di coltello da cucina Susanna Cassini detta “Susy” , madre di Erika, 41 anni, contabile, e il fratello undicenne Gianluca De Nardo .

Secondo l’accusa i due giovani avevano progettato di uccidere anche Francesco De Nardo , il padre, ingegnere e dirigente dell’azienda dolciaria Pernigotti, ma avrebbero poi desistito perché Omar, feritosi a una mano nel corso del duplice delitto, era ormai stanco e aveva deciso di andarsene.

Il caso ebbe un ampio interesse mediatico. La dinamica del delitto acquisita agli atti processuali è essenzialmente desunta dalle ricostruzioni fornite dal RIS dei Carabinieri; minore importanza hanno le dichiarazioni rese dai due colpevoli che, una volta riconosciuti come tali, adottarono una linea di difesa incentrata su vicendevoli accuse, senza mai delineare un quadro chiaro della vicenda. In particolare la versione di Erika, che tese ad addossare tutta la responsabilità su Omar, venne giudicata fortemente mendace; per contro le affermazioni di Omar sono state maggiormente suffragate dalle ricostruzioni oggettive: per esempio è stato appurato che la ferita riportata da lui era da attribuirsi a un morso di Gianluca, come sostenuto da lui stesso, mentre Erika sosteneva che la ferita fosse dovuta a una coltellata accidentale.

Più di recente nella città di Avellino, una giovane coppia di fidanzati ripropone la medesima scena orripilante: nel mirino questa volta il papà di lei, Elena Gioia, 18 anni, che avrebbe rifiutato la relazione della figlia con Giovanni Limata, quasi 23 anni. Aldo Gioia, 53 anni, non vuole che la figlia frequenti il ventitreenne già pregiudicato con piccoli precedenti ma soprattutto da tempo tossicodipendente. Per questo suo atteggiamento aveva già litigato col ragazzo: nel giugno 2019, il 23enne originario di Benevento e residente a Cervinara, aveva affrontato l’uomo minacciandolo con una sciabola.  È in quest’ambito di tensione e scontro che matura l’orrore. Perché Elena e Giovanni pianificano una strage: sterminare l’intera famiglia, il padre in primis, poi la moglie e l’altra figlia più piccola. Nella serata del 23 aprile, il piano viene eseguito, seppur in parte. Elena apre la porta di casa al quinto piano di corso Vittorio Emanuele con la scusa di dover uscire a gettare l’immondizia. Giovanni, col volto travisato. Il ragazzo si avventa sull’uomo che intanto si è addormentato sul divano. Lo pugnala più e più volte (7 in tutto) con un grosso coltello da cacciatore e lo lascia in fin di vita in una pozza di sangue.

Sono solo alcune macabre manifestazioni di come l’amore, sentimento puro e nobile, possa trasformarsi in una belva irrazionale , crudele e impietosa, che spinge giovanissimi alla follia, annebbiando mente e ragione, fino a stritolare l’esistenza degli affetti più cari .

da bluedossier.it

*Immagine pixabay

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