Davanti la fabbrica

DI RICCARDO ANCILLOTTI

 

La strada e il parcheggio di fronte lo stabilimento, si riempìrono rapidamente di persone.
La fine di un turno di lavoro, creava sempre un ingorgo di auto e motocicli, che comunque si risolveva in un breve lasso di tempo ; pochi minuti.
In quella fabbrica fino a quindici anni prima, aveva lavorato anche suo padre Rodolfo, e Tania, lo ricordava bene quel periodo.

Le cose erano molto cambiate da allora. Lo stabilimento ormai dava lavoro a poche centinaia di persone, mentre allora vi lavoravano in migliaia.
Erano gli anni in cui le lotte sindacali e le battaglie salariali, avevano un senso sociale compiuto e condiviso dalla cittadinanza, che le sentiva parte integrante del proprio vivere giornaliero. Il posto di lavoro, l’orario, l’equità salariale, erano un tutt’uno, con le condizioni di vita, la difesa dei diritti di tutti e le loro aspettative sociali.

Adesso però non era più così.
Lo si capiva dallo sparuto gruppo che ogni volta usciva da lavoro, prima ancora che dal clima di sottile indifferenza che attraversava la comunità circostante.

Se dietro a quei lavoratori in tuta ‘sponsorizzata’, una volta c’era il futuro di migliaia di famiglie, anche attraverso le cosiddette attività ‘dell’indotto’ , ora rimaneva altro che poco.
Un segno dei tempi che cambiano! Una sorta di ‘benessere’ sociale, che attraversava le menti, ma sicuramente non le coscienze !

Il tanto auspicato ‘progresso’ tecnologico, aveva ‘svuotato’ le fabbriche, ‘polverizzato’ la ‘classe operaia ‘ , in una miriade di lavoratori ‘autonomi’, ‘artigiani’ , ‘disoccupati’, o ‘dipendenti’ ; occasionali, stagionali, ‘sommersi’, full-time, par-time, ‘regolari’ ed ‘irregolari’.
Davanti a quello stabilimento, non avevi l’idea che la comunità ci avesse realmente guadagnato qualcosa da tutto questo percorso di modernizzazione. Sentivi solo un profondo sentimento di solitudine.

La stessa solitudine che si prova all’entrata di un’ carcere.
I problemi rimanevano quelli di sempre ed era assai poco visibile quell’identità comune di ‘valori’ , che porta la gente a lottare in difesa di diritti individuali e collettivi.

Nonostante dalla ‘facciata’ della fabbrica fossero stati completamente cancellati i segni del tempo, attraverso recenti interventi di restauro e l’apposizione di moderne insegne, bastava cambiare punto d’osservazione per capire che solo l’involucro appariva nuovo, ma non il contenuto.
Pietro, era solo uno dei ‘pochi’ che ancora vi lavorava. Uno degli ‘ultimi’ che era rimasto fedele sostenitore dei ‘diritti di tutti’ .

Impegnato nel ‘sindacato’ da sempre, aveva persino rinunciato ad una possibile carriera politica, perché riteneva che era lì, in quel luogo , che la sua ‘carriera’ dovesse realizzarsi .
Non era un sognatore, né un’ idealista utopico! Era uno che credeva nelle scelte dei singoli ! “…Mi sono trovato a lavorare in questa fabbrica. Se avessi potuto scegliere, sicuramente non l’avrei fatto, ma questo è quanto! Questo ora è il mio lavoro. Ho imparato prima ad accettarlo, poi ad amarlo. Ora mi identifico in lui. Fa parte della mia vita !…” aveva detto un giorno.

Pietro, possedeva la ‘stoffa’ del meccanico. Dotato di una manualità innata, naturale, che lo portava intuitivamente a riparare qualsiasi marchingegno avesse a che fare con la meccanica.

Anche se non ci teneva più di tanto a dimostrarlo, lo si capiva non appena entravi nell’argomento: ‘macchine-motori’ . Tutto ciò che aveva a che fare con ‘ingranaggi’, ‘testate’, ‘alberi a camme’, ‘giunti cardanici’, ‘cinghie di tramissione’ e quant’altro fosse contornato da ‘idrocarburi’ sembrava non avere segreti per lui.

Caratteristica che non era certamente propria, invece, di Rodolfo. Il cui ‘senso pratico’, sia pur marcato, non era sostenuto da particolari doti ‘realizzative’ In questo, sua moglie Annalisa, era sicuramente più concreta.
Tania, ricordava, infatti, che di fronte a problemi pratici, come; piccole riparazioni domestiche, o quant’altro, suo padre iniziava ‘l’opera’, ma il più delle volte era lei a portarla a termine.
Erano almeno tre anni che Tania, non incontrava il Galli Pietro. La prima impressione fu, che per lui il tempo non fosse affatto passato. Era il solito.

Alto, robusto, capelli neri come la barba, che gli ricopriva, da sempre, solo il mento e che insieme ai baffi, rimarcava la forma delle grandi labbra carnose . Quarantacinque anni portati egregiamente ed una ‘presenza scenica’ inconfondibile.

Lui, era sicuramente il ‘compagno’ sindacalista , che più di ogni altro aveva condiviso, con sua madre ; iniziative, lotte, battaglie, vittorie e sconfitte.
Nessuno si sarebbe sicuramente meravigliato se tra Pietro e Annalisa, con il tempo fosse nato ‘qualcosa’ . I presupposti c’erano tutti.

Questo pensava Tania, adesso che se lo vedeva davanti:
“Ciao Tania !..” “Ciao..” ne seguì un forte abbraccio ed un bacio sulla guancia, che sapeva più di amicizia che di paterno.
“Perdinci!….sei diventata una ragazza coi fiocchi !…La gioventù fa miracoli!” esclamò.
Entrarono in un bar dove finalmente Tania, potè parlarle di sua madre.
Aveva la necessità di ricostruire alcuni tratti della vita di Annalisa, che alla fine, le permettessero di ricordarla per come era veramente.

L’immagine della ‘donna forte’, che aveva sempre avuto di lei, anche se Tania, non l’ammetteva, in fondo temeva potesse essere scalfita da una certa realtà di tutti i giorni, ma sentiva che doveva farlo.
“Annalisa era coraggiosa!…” disse Pietro, “…Riteneva giusto, doversi sacrificare per qualcosa in cui si crede, ma soprattutto, non si tirava mai indietro, quando c’erano d difendere i diritti di qualcuno !”

“Che tu sappia, mio padre …pensi avesse motivo di esserne geloso ?” chiese Tania, più d’istinto che riflettendo su quanto chiedeva.
“Ho sempre, onestamente, pensato che lei non avrebbe accettato un uomo che le tenesse ‘il fiato sul collo’. Per cui credo che se anche lo fosse stato, non lo avrebbe dato a vedere!…” rispose lui, aggiungendo “…Tua madre viveva della libertà, capisci !?…Per lei la libertà era come l’aria per respirare….”
Tania, seguiva il suo parlare, guardandolo negli occhi. Cercando, di cogliere ogni minima sensazione che questi potevano esprimere.

“E di mio padre, che mi dici ?” chiese ancora.
Lui, la guardò, più riflessivo che perplesso. Era chiaro che le domande che la ragazza, gli faceva avevano uno scopo, così lui, dopo qualche attimo prese a dire:
“Tu sicuramente sai che anch’io ho una figlia, Livinia ?” Lei annuì. “Bene! Adesso ha ventidue anni e vive con sua madre, da quando ci siamo separati, cinque anni fa!……Probabilmente, anche lei, si sta ponendo delle domande sul comportamento dei suoi genitori.

Ecco, io preferirei che me le facesse direttamente!…” concluse con un tono di poco velato rimprovero.
“No, non è come pensi!…” reagì subito lei, “..Io ho parlato e parlo con mio padre di queste cose, ma è come…se mi mancasse qualcosa per conoscere meglio mia madre…! Non voglio, nè giudicarla, nè criticare la sua vita, ma adesso non c’è più, capisci ?..Non so come spiegartelo.

Adesso io non ho più la possibilità di parlare, con lei! Confrontare le mie opinioni, sensazioni e sentimenti, con i suoi, la sua esperienza di vita. Il suo essere donna!…Probabilmente l’ho fatto troppo poco, quando era in vita e adesso…mi manca!…Mi manca questo rapporto di ‘conoscenza’ , più profonda di quello che lei era !…Ecco! forse è questo !?…” cercò di spiegare.

Quindi assumendo un fare più deciso, da donna adulta, che sa cosa vuole, cosa che ricordava molto sua madre, riprese con il dire:
“Tu eri, suo amico e compagno, no !?..Credo il migliore, che avesse! Allora, io ti chiedo…chi era mia madre ?”
Pietro, sorrise, passandosi una mano sulla barba, poi disse:
“Ecco…Nel tuo modo di fare c’è Annalisa, ma c’è anche Rodolfo, mia cara ! Si, la costanza, e la decisione è di lei, ma la diffidenza e il pessimismo è tipico di Rodolfo !”
“Perché sarei pessimista ?” chiese la ragazza.

“Perchè ho l’impressione che tu stia cercando i lati negativi della vicenda ‘ tua madre. Anche tuo padre, quando lavorava con me, faceva altrettanto sui problemi che affrontavamo. In fondo cercava sempre i lati negativi. E’ un errore!…” poi s’interruppe un attimo per poi riprendere, informando, “..Lui. ha avuto un breve relazione con mia moglie Margherita, prima che ci separassimo!..” sorrise bonariamente, “…Cose che succedono! Niente di grave. Il nostro rapporto era già compromesso, ma è accaduto. Tutto qui!”

Tania, rimase un attimo perplessa, ma lui , chiarì ulteriormente la cosa:
“Annalisa, lo ha saputo, da Rodolfo!…Io da mia moglie, ma tu vuoi sapere se tra me ed Annalisa, c’è stato qualcosa, vero !?” Tania, non annuì, ma lui rispose ugualmente.

“No! Solo amicizia! Tra me e tua madre, sempre e solo una grande amicizia!” terminò, orgogliosamente. Sembrava sincero.
Tania, colse nelle parole di Pietro, una tranquillità invidiabile che la fece sentire. Improvvisamente in colpa per quello che effettivamente lei aveva per così dire ‘sospettato’..

Niente di trascendentale, comunque, perchè l’uomo che aveva di fronte, era effettivamente una persona che sapeva dare un valore alle cose, a torto, o a ragione., gurdandole dall’alto in basso, come probabilmente occorreva fare nelle vicessitudini della vita, ma come difficilmente si riesce a fare, in quanto tutti più o meno restiamo preda dei nostri piccoli egoismi.

“Probabilmente, dovevo dirtelo prima..” sostenne allora la ragazza, “..Tu non sai, che un po’ di tempo fa, ho avuto un’amnesia…! E’ durata un’intera giornata e non ricordo assolutamente niente di quelle ore.

Questo ogni tanto mi fa riflettere, su quanto siamo fragili e pensare a quante cose ci lasciamo sfuggire nella corsa di tutti i giorni. Così ogni tanto sono tentata, come dire…. dal ‘fermarle’! Anche se so che è impossibile…!”

“Mi dispiace, non lo sapevo!..ma quando ti è successo ?” chiese lui preoccupato.
“Diverse settimane fa…Ma, è tutto a posto! Sono sana! Non c’è da preoccuparsi!” spiegò lei,
“Meno male !” esclamò Pietro, sospirando profondamente, quindi riprese col dire; “Tua madre per la verità, aveva un amore. Un amore del quale nessun marito, può essere però geloso.
Aveva da tempo un rapporto epistolare con un uomo impegnato in una realtà sociale difficile come l’Argentina. Un ex seminarista, conosciuto attraverso il sindacato, tre anni fa! ..”

La notizia, era stata appresa con interesse da parte di Tania. Pietro, lo capì subito dal suo sguardo, ridiventato improvvisamente ficcante ed ansioso di sapere.
“…Un certo Claudio Lepratti che dopo varie vicissitudini aveva preso ad occuparsi dei bambini delle baraccopoli a Rosario.

Annalisa e ‘Pocho’, perché così lo chiamavano a Rosario, si scambiavano spesso, opinioni e notizie.
A me ne ha parlato raramente, ma si vedeva che ci teneva a questo rapporto! Ed io la capivo, perché, quando si ha un po’ d’umanità non si può essere insensibili ai problemi di chi soffre! Mai!
Aveva anche programmato, di andarlo a trovare ed aiutarlo nella sua opera per un certo periodo!…”
Qui Pietro, interruppe il racconto, qualche attimo e la ragazza chiese:
“Tu sai il suo indirizzo ?”
Lui, prima annuì, poi però scosse il capo, dicendo:
“Troppo tardi…è stato ucciso poco dopo la disgrazia di tua madre!”
“Ucciso !?” esclamò lei e lui annuì:
“Si..ucciso dai quei porci di poliziotti !..Aveva solo trentasei anni, ma dava fastidio, con il suo lavoro di denuncia…!”
Quello che stava raccontando Pietro, aveva del ‘familiare’ per Tania.

Era una sensazione strana quella che stava provando, come se stesse ‘entrando’ in una parte della propria storia, che inconsciamente sapeva appartenerle, ma che fino a quel momento la sua mente aveva appena sfiorato.

Il collegamento con quelle ore di ‘ incoscienza’ che altro non erano state che la sua amnesia, le parve quasi automatico! Od era solamente il suo ‘stato emozionale’ , a farglielo pensare ?
Difficile dirlo, ed in fondo, significava altro che poco. Contava solo saperne di più.

“….Avrai sentito parlare della bancarotta di Stato, argentina !? Le banche non permettono il ritiro del denaro depositato dai clienti!
Un ’intero paese trascinato al collasso economico e sociale.
La gente che scende in piazza ovunque e la polizia ha l’ordine di reprimere ogni contestazione con l’uso della forza !?” continuò a narrare Pietro, “…tra il 19 e 20 dicembre scorso, la polizia spara e uccide dei manifestanti! Una decina anche nella città di Rosario.

Il Lepratti, quel giorno, stava con i bambini quando la polizia ha iniziato una sparatoria nel quartiere e lui è uscito gridando: “Basta sparare, figli di puttana, che i bambini stanno mangiando!” . A quel punto i militari hanno preso la mira e lo hanno ucciso !…
Si dice che quel giorno fossero andati la solo per quello.

Me lo hanno detto dei compagni argentini.” Spiegò ancora Pietro, alla ragazza, poi incrociò le dita delle mani sul tavolo, come a chiudere ‘il cerchio’ del discorso avviato, ed aggiunse:
“Tua madre affondava le sue radici ideali in realtà come questa! Rodolfo, credo l’abbia sempre rispettata per questo, ma non credo ne condividesse l’entusiasmo, con il quale ci si calava !?…”
Tania, scosse la testa:
“Dove può aver conservato le lettere ricevute dal Lepratti ?…Tra le sue cose non c’è niente di quello che mi stai dicendo…!” disse.

“Questo, non so dirtelo!…Ma vedi, non è detto, che una persona come lei, sentisse la necessità di conservare lo scritto! E poi il suo rapporto, passava attraverso il sindacato, quindi….!?” le fece presente .
“Può essere…” replicò lei dubbiosa.

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