David di Donatello alla carriera a Sandra Milo. L’intervista

DI GIOVANNI BOGANI

“Quella Sandra Milo superficiale, leggera non ero io. O meglio, ero anche quella, ma non sono mai stata soltanto quella. Come attrice non posso darmi il voto. Ma so, per certo, che non ero soltanto quel sogno biondo e leggero”.

E te ne accorgi, eccome se te ne accorgi, se parli con lei. Risponde al telefono, Sandra Milo, con l’intelligenza e la vivacità di un’adolescente, intuitiva, curiosa, piena di fiducia. Ieri sera ha ricevuto  il David di Donatello alla carriera, il primo della sua vita. Non era mai stata neanche candidata.

Il mondo del cinema l’ha sempre snobbata un po’, anche se lei ha lavorato con Rossellini, con Dino Risi, con quel poeta dell’anima femminile che era Antonio Pietrangeli, e con Federico Fellini. Incarnando i sogni erotici del regista più folle, surreale e geniale del cinema italiano.

Fellini, già. Il genio prepotente che la incatenò ad un amore clandestino durato diciassette anni, che fece soffrire sia lei, sia Giulietta Masina, che tutto sapeva. Altri uomini forti, protagonisti della scena politica come Bettino Craxi, hanno segnato la sua vita.

Uomini che le hanno imposto scelte dure, che ha saputo affrontare in silenzio. Come quando il suo uomo di allora le chiese di rinunciare al ruolo della Gradisca, che Fellini le aveva offerto in “Amarcord”. E lei, con la morte nel cuore, rinunciò. Perché alla fine, la vita conta più del cinema.

Non è solo un’icona bionda piovuta dall’immaginario degli anni Sessanta, Sandra Milo. Sandra Milo che ha scritto romanzi e raccolte di poesie, che legge Kafka e Simone de Beauvoir, che ha un canale Instagram, seguitissimo, a 88 anni. Che nelle sue poesie ricorda i migranti. E che è adorata dalla comunità LGBT. A maggio sarà in streaming a teatro con una commedia – “Ostriche e caffè americano” – in cui interpreta una drag queen. Che scopre, con sorpresa e sconcerto, di essere padre.

“Questo premio secondo me è un bel messaggio per tanta gente che non spera più, che non aspetta più: può sempre venire il momento in cui si accorgono di te”, dice. “Certo, se ti premiano quando sei più giovane, magari la vivi con un altro spirito. Io vivo questo David con immensa gratitudine per tutti i grandi registi con cui ho lavorato, per il talento enorme che viveva, che irradiava il cinema degli anni ‘60”.

Del futuro non ha paura: “Non credo nell’inferno: mi dispiace per il signor Dante. Ma credo che Dio ci accoglierà tutti, con tutti i nostri errori. Perché siamo tutti fatti di sbagli. La morte? Non mi fa paura. Ma vivo con la massima pienezza. Il vaccino? Appena mi hanno chiamata, sono corsa a farlo. È l’unica speranza di uscire da questo incubo. E se anche uno non ci crede, dovrebbe farlo. Se non per sé, per gli altri. Per rendere possibile e vicino il momento in cui ci potremo tutti riabbracciare”.

Immagine tratta dal web

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