Desiderio e sacrificio

DI ANTONIO MARTONE

Ciò che rimane è il desiderio. Desiderio intrattabile. Desiderio sfrangiato in mille rivoli desideranti. Desiderio di continue ed incessanti partenze. Viaggio senza origine e senza meta. Desiderio indotto dalla grande macchina.

Desiderio politeistico di esperienze senza nome.
La nostra vita quotidiana ci è testimone: viviamo impulsi talmente imperiosi da farne apparire indispensabile la soddisfazione.

Non se ne può fare a meno ma i desideri che ci possiedono sono in contraddizione l’uno con l’altro: bisogna necessariamente astenersi da qualcuno di loro. Come fare a rinunciare, però, se appaiono tutti – davvero – indispensabili?

Indispensabili ma impossibili da cogliere contemporaneamente – incompossibili. Come immaginare dunque una scala gerarchica, un ordine di importanza? Quali criteri utilizzare?

Sarebbe necessario de-cidere. Fendere. Tagliare una parte di noi. Ciò non è possibile, tuttavia, poiché significherebbe compiere un sacrificio che, in un tempo antisacrificale quale il nostro, l’uomo contemporaneo non può permettersi.

Alla fine del monoteismo cristiano riemerge dunque la tragedia del politeismo. Alla fine del monoteismo cristiano riemerge la tragedia pagana del politeismo. Questa volta però si tratta di un desiderio desacralizzato e imbevuto di capitalismo.

Ma di quale politeismo sto parlando? A guardar bene, non vi è né può esservi più alcun politeismo. Non esiste oggi, infatti, alcun tempo ciclico su cui appoggiarsi – cosi com’era, ad esempio, per i greci.

Il tempo ciclico, infatti, è indispensabile per aprire una dimensione religiosa di tipo politeistico. Ora il tempo (dopotutto, ancora cristiano) rimane lineare, e orientato verso un fine – verso “la fine” dei tempi.

Tuttavia, mentre la forma è rimasta la stessa, è andata via la sostanza: il nostro viaggio ora è sì privo di telos, ma appare del tutto convinto che bisogna in-sistere nel dominio del mondo, perché – com’era nella matrice della nostra civiltà – il nostro vero Regno appartiene ad un altro mondo.

Ne consegue che nessuna “misura” possa aiutarci: la bella armonia classica ha lasciato il posto al desiderio irrefrenabile del caos. Le nostre vite sono appoggiate, inesorabilmente, sul vuoto dell’assenza.

E’ necessario ammetterlo: gli antichi Dei hanno ripreso, nel nostro petto, nella nostra emotività più riposta, la loro eterna contesa ma Nemesi è morta e Giove non domina più sulle cime dell’Olimpo.
Il limite è stato oltrepassato!

Immagine tratta dal web

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