Non è possibile evitare il dolore, così come è impossibile sottrarsi alle varie crisi connaturate alla nostra presenza al mondo.
Più esattamente, però, che cos’è il dolore?
Forse la formula più radicale e comprensiva che si può dare consiste nel definirlo come mancanza di contatto armonico fra essere umano e mondo: c’è dolore quando il mondo ci cade sotto i piedi, sprofonda, si inabissa nel non senso, privandoci perfino della forza di chiederci che cosa sia realmente accaduto.
Il punto dove è collocato il dolore – che sia fisico o della mente poco importa – diventa gigantesco, tanto da occupare l’intero spazio del mondo.
Se il dolore è questo, oltre a sforzarsi di placarlo attraverso farmaci efficaci, bisogna attivarsi a ricostituire il tessuto di senso del sofferente. Non lo si può fare se quest’ultimo è considerato soltanto in quanto corpo macchinale su cui intervenire tecnicamente.
Il senso attiene all’esistenza, ossia al rapporto complessivo uomo-comunità-universo. Senza intendere fino in fondo tale catena relazionale, ripristinando ciò che in essa si è alterato provocando il dolore, nessun rapporto terapeutico efficace è possibile.
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