La poesia e psicoanalisi. ‘Dolore minimo’: storia personale del percorso di transizione di Giovanna Cristina Vivinetto
“Ovunque vada scopro che prima di me, lì, c’è già stato un poeta.”
Così Sigmund Freud descriveva il particolare effetto legato al ritrovare, nella poesia, le scoperte della psicoanalisi.
Il poeta opera un “miracolo” con le parole: andare oltre il loro limite, per dire l’impossibile a dirsi.
Questo fa la Poetessa Giovanna Cristina Vivinetto, con le poesie della raccolta “Dolore Minimo”, nella quale racconta la propria storia e il suo percorso di transizione.
Ecco una delle poesie:
Era come avere dieci anni
scoprire il gioco delle forme
sotto le pieghe del maglione,
il gonfiore nitido dei seni
doloranti il lunedì mattina
e chiedersi perché.
E forse si tornava bambini
nell’immaginare allo specchio
le traiettorie di vite future,
le tracce sul corpo adolescente
di un sotterraneo divenire.
Così all’età di vent’anni
il mio corpo ne mostrava dieci:
dieci i piccoli seni,
dieci i fianchi sottili,
Dieci le mani mia quiete
in puerile agitazione,
dieci i sessi atrofizzati
incapaci a un tratto
di evocare desiderio.
Era un rimettersi in gioco
di subdola perfidia
sconvolgere tutti quanti i piani.
Cambiare all’improvviso guardaroba.
Imparare a truccarsi a vent’anni.
Avere dei tacchi a ventuno.
Dubitare di sé a ventidue.
Tornare poi allo specchio
e scoprire che qui, proprio qui,
sotto questi seni e questi fianchi,
dietro la maschera di trucco
e dentro i tacchi alti
qualcuno qui c’era,
per un po’ c’è stato
e poi all’improvviso
non è stato più.
Desiderare infine
di avere dieci anni
per ricominciare tutto da capo.
Davanti a tutto questo non credo ci sia spazio per interpretazioni o costruzioni, ma solo emozione per il potere della parola.
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