Donato Bramante, Cristo alla colonna

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Un’opera decisamente emotiva, il Cristo alla colonna di Donato Bramante, unico dipinto su tavola conosciuto ed attribuito all’autore di Fermignano, commissionato dall’Abbazia di Chiaravalle intorno al 1480.

Bramante, più rinomato per le proprie creazioni legate all’architettura – si dimostrerà uno straordinario innovatore, imponendo una nuova visione di essenziale severità; lungi dagli aspetti baroccheggianti dell’epoca tardo-romana, al contrario incentrata su di una suggestiva fusione con lo spazio circostante – realizza qualcosa di davvero unico, ai limiti dell’enigmatico.

La figura del Cristo – prestante e muscoloso, di una bellezza classica – si presenta legata ad un pilastro originalmente decorato da un bassorilievo a motivi floreali tipicamente rinascimentali, e risulta immediatamente evidente la differenza tra il busto ed il volto, quest’ultimo caratteristicamente emaciato, potenzialmente appartenenti a due individui diversi, nettamente separati da quel tratto di corda presente intorno al collo, espediente a tutt’oggi utilizzato in fotografia per eventuali fotomontaggi.

L’estrema cura di barba e capelli, di gusto fiammingo, spesso ricollegabile ad interpreti impegnati nell’arte orafa, incornicia un volto scarno e scavato, che ancora non mostra sul corpo i segni della passione, ma già incomincia a viverli lasciandoli trasparire dallo sguardo: uno sguardo diretto verso qualcosa di invisibile, o meglio che noi non riusciamo a vedere, ma si può ipotizzare come la sorgente di una ineluttabile volontà volta a determinare quella prova che egli accetta con angosciata consapevolezza.

Cristo è un uomo, e pur figlio di Dio, possiede un corpo umano che percepisce il dolore fisico ed è in grado di soffrire profondamente, e Gesù, che conosce tutto questo e si angoscia a tal punto nell’orlo degli ulivi da sudare sangue, si lascia scivolare una lacrima su una guancia, emblema di un dolore tanto difficile quanto inevitabile.

L’amaro calice, peraltro visibile sulla finestra come probabile richiamo al momento della prova, che tuttavia qualcuno identifica come il Santo Graal, la coppa dell’ultima cena in seguito utilizzata da Giuseppe d’Arimatea per raccogliervi il sangue ai piedi della croce.

Una profonda condivisione della natura umana, che non è tuttavia l’unica occasione in cui viene manifestata: alla notizia della morte di Lazzaro, presso la casa di Betania, al cospetto delle sorelle del defunto, Marta e Maria, Gesù piange, sopraffatto dall’emozione di una passione fraterna, confermando l’aspetto umano di una divinità disposta ad affrontare la propria condizione terrena senza sconti.

Alle sue spalle, prospiciente un paesaggio sfumato di chiara ispirazione leonardesca, alcune imbarcazioni turche, presunto riferimento allo sbarco della flotta ottomana presso Otranto, avvenuto intorno al 1400, minaccia tangibile già concretizzata, in detta occasione, mediante l’uccisione del vescovo della città salentina.

Interessante, l’utilizzo specifico della luminosità, una delle cui fonti pare letteralmente sorgere dal corpo del Cristo, non ancora martoriato, ma già intaccato dalla violazione della corda, le cui asperità gli stringono il braccio e ne sfregano il collo, in concomitanza con il rivolo di sangue provocato dalla presenza della corona di spine…

Donato Bramante 1444 – 1514
Cristo alla colonna (1487/90)
Olio su tavola (93,7 x 62,5 cm)
Milano – Pinacoteca di Brera

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità