Donna, se reagisci, ti tirano le pietre

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

… Che poi, potresti chiamarti con qualunque nome, vivere in qualunque luogo, ma quando la violenza che vedi quotidianamente, quando negli occhi non hai che espressioni di paura e terrore, quando non conosci amore ma schiaffi e pugni, allora, non puoi vivere in modo sereno. Puoi soltanto cercare di sopravvivere.

Se già da quando eri nel grembo di tua madre, subivi i sordi colpi inferti a chi ti stava per mettere al mondo, se sobbalzavi ogni volta che quella “brava persona” di tuo padre rientrava a casa e non potevi fare nulla per tutelare la tua mamma e neanche te, piccolo essere che tremava nel silenzio, hai dovuto crescere alla svelta.

Non si può neanche immaginare cosa possa voler dire essere usata per sfogare rabbia, delusione, frustrazioni prestando il corpo ad attacchi di ingiustificata follia.

Non si può immaginare l’onda di rabbia soffocata, di senso di ingiustizie subite che non hanno un nome ma solo un volto.

Non si può comprendere lo smarrimento quando a colpire te, la tua mamma e chiunque si trovi a portata di tiro in quei momenti di delirio, sono le mani di tuo padre, della persona che avrebbe dovuto amarti e rappresentare per te una guida sulle strade del mondo.

E’ che ci sono persone codarde, persone che conoscono la violenza come unica forma di espressione possibile.
E’ che ci sono persone cattive che ti spingono a diventare cattiva, anche quando tu accetti con dignità, quando cerchi di far ragionare, quando non esiste altro modo per farsi ascoltare se non quello di diventare violenta anche tu.

Giorni di silenzi e di ferite da leccare, di compassione e di lotta per non cedere alla cattiveria che ti vuole intrappolare.
Giorni interminabili di vuoto esistenziale, di mancanza di amore che non riesce ad esprimersi se non attraverso botte e urla.

Giorni in cui tutto diventa niente e la tua esistenza sprofonda in uno stato di disperazione.
Ma lui, la “brava persona” è mite con il resto del mondo, è gentile e saluta educatamente le persone che incontra, è stimato da tutto il vicinato.

Sopporti, cerchi di fartene una ragione, cerchi di vedere un futuro differente per te e per tua madre, ma trascorrono anni in cui l’unica cosa che cambia è la forza con cui vengono inferte le botte.

Non ce la fai più, potresti chiamarti in ogni modo, potresti avere qualunque volto, ma, all’ennesimo episodio di violenza gratuita decidi di reagire.
Divisa tra il tuo ruolo di figlia e quello di carnefice, divisa tra l’amore che non hai ricevuto e la violenza che hai sempre combattuto.

Sai che ti stai rivoltando contro tuo padre, sai di avere i suoi stessi geni, ma sai anche che è stato tutto troppo e ad accettarlo non riesci più.

Non è stato semplice reagire, non è stato semplice provocare la morte, non è stato semplice sentirsi esattamente come chi ti ha insegnato solo la violenza, non è stato semplice perché comunque, tu figlia, a quell’uomo, tra le lacrime e le cose non dette hai voluto e continui a volere bene.

Non è stato semplice ed infatti, un attimo dopo ti disperavi per quanto accaduto, ti rendevi conto di non aver saputo resistere oltre a quell’oltre in cui non ti è riuscito a portare.

Hanno messo ovunque la tua foto, tutti lì pronti a giudicare, in pochi a calarsi in quello che è stata la tua vita fino a quel momento, in pochi a porsi qualche domanda, ma tutti preparati nel dare risposte, perché è così: è tutto semplice quando a vivere alcune tristi realtà sono gli altri.

Dispensano accuse come se fossero Gesù nel tempio, scordano di intervenire quando ci sarebbe invece ancora il tempo per farlo, guardano tutto ma nessuno interviene, sentono urla ma si voltano dall’altra parte.

Tutti presi e tutti arresi dalla vita frenetica che li assorbe totalmente, appiattendoli, rendendoli schiavi di sistemi che non riescono a dominare.

Tutti grandi eroi quando di eroico nell’omerta’ non vi è proprio nulla.
Difficile comprendere la disperazione quando non la si sta vivendo, difficile riempire giorni interi di timore, difficile non riuscire più a sorridere e fare i conti con la malinconia che alberga negli occhi.

Una vita a metà, dove il confine tra il bene ed il male si è confuso per sfociare in una delle tante tragedie annunciate.
Non si può né si deve giudicare il dolore che lacera il cuore, non si può parlare di libertà perché ora sei sprofondata in una gabbia di prigionia forse ancora più grande di quella in cui ogni giorno cercavi di vivere.

Dovrai lavorare molto su te stessa, dovrai tornare a comprendere la violenza, dovrai lasciare da parte il male e fare posto al bene, quello che non ti hanno mai dato ma che tu, nonostante tutto sei riuscita a provare fino a diventare scudo, fino a cercare di placare il risentimento, fino a dover fermare tutto…

Immagine tratta dal web

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.