Dov’è l’agenda rossa di Paolo Borsellino?

di Maria Parente

Dopo la strage di Giovanni Falcone, magistrato ma ancor prima suo amico, Paolo Borsellino, da procuratore aggiunto di Palermo, decise di indagare su quell’incidente che strappò barbaramente la vita al collega. E’ il 23 maggio 1992. Un’esplosione squarcia l’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, nei pressi dell’uscita per Capaci: 5 quintali di tritolo distruggono cento metri di asfalto e fanno letteralmente volare le auto blindate. Muore Giovanni Falcone, magistrato simbolo della lotta antimafia.

Borsellino, poco dopo l’amaro accaduto, inaugurò un’agenda rossa dove cominciò ad appuntare le prime rivelazioni di diversi pentiti di mafia di primissimo piano. Con lui aveva iniziato a collaborare Gaspare Mutolo, ex autista dell’allora latitante Totò Riina, che svelò i nomi delle “talpe” di Cosa nostra nelle istituzioni come l’ex numero 3 del Sisde, Bruno Contrada, o il magistrato Domenico Signorino. E in quei giorni aveva avuto notizia di un “dialogo” tra pezzi dello Stato e i mafiosi, cioè la “trattativa” di cui si sta occupando il processo in corso a Palermo a carico di alti ufficiali dei carabinieri, mafiosi, politici. Un’agenda di cui tutt’ora, a distanza di 27 anni, non si ha traccia né idea di chi possa custodirla.

Cinquantasette giorni concitati e riportati nell’agenda, accompagnati dalle sensazioni e stati d’animo del magistrato. Una narrazione che però si interrompe bruscamente. Paolo Borsellino, impegnato con Falcone nella lotta alle cosche, va a trovare la madre in via Mariano D’Amelio, a Palermo. Alle 16:58 un’altra tremenda esplosione: questa volta in piena città. La sua esistenza, poco più tardi ma alla pari di Falcone, viene strappata alla terra e la sua missione resta incompiuta: la valigetta viene trovata intatta ma l’agenda rossa risulta introvabile, nonostante la testimonianza della moglie Agnese Piraino e del figlio Manfredi certi che l’agenda fosse conservata nella stessa.

La testimonianza di una vita e dell’impegno di un uomo contro la mafia muore, quel giorno, insieme a lui. Dinamiche e rivelazioni che avrebbero potuto stravolgere l’intero sistema nazionale e probabilmente gettare nel buio più profondo pezzi grossi dell’imprenditoria e della politica italiana. Un’odissea senza precedenti, se fosse riuscito a parlare: taciuto lui e la sua penna, per l’eternità.

da lanotteonline.it

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