E’ boom dei cibi #freefrom. Iss avverte: consigliati solo a chi problemi di salute

Impazza la tendenza a consumare cibi #freefrom ma attenzione alle conseguenze per la salute

Il mercato alimentare italiano si arricchisce – ed è in forte aumento la richiesta-di cibi “free from” intendendosi per questi ultimi la lunga sfilza di prodotti senza glutine, senza lattosio, senza olio di palma, senza zucchero, senza grassi, senza uova, senza sale, senza additivi, senza conservanti. Per salute ma più di frequente accade che la scelta di prediligere questi prodotti per seguire un trend o perché convinti di poter preservare meglio la propria salute.

Per qualcuno (in caso di allergie specifiche, gravi intolleranze, problemi dietetici), le limitazioni sono prescritte dal medico. Per altri invece si tratta di scelte spontanee, ritenute salutistiche da chi le adotta. Per pochi (ma in crescita in tutti i Paesi sviluppati), la scelta di mangiare senza… qualcosa, si potrebbe addirittura configurare una vera ossessione per il cibo sano, cioè quello ritenuto, a torto o a ragione, privo di elementi nocivi per l’uomo e per l’ambiente.

Questo recente disturbo del comportamento alimentare ha già un nome: ortoressia, e che, secondo il ministero della Salute, in Italia interessa per il momento circa 300 mila persone.

Ma in realtà questo è un atteggiamento scorrettissimo: «l’abitudine di escludere, dalla propria alimentazione questo o quello, senza che ci sia una reale indicazione medica, può portare a diete squilibrate, troppo povere di proteine, vitamine, oligoelementi», avverte Marco Silano, direttore del reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell’istituto superiore di sanità.

La necessità di escludere un determinato componente dalla dieta deve essere supportata da una reale intolleranza od uno specifico problema di salute per cui bisogna farne a meno( es. glutine per i celiaci), diversamente, potremmo sottoporre l’organismo ad uno stress notevole ed ingiustificato dovuto dalla privazione di questa o quella sostanza.

Una dieta priva di glutine, ad esempio, seguita senza prescrizione medica può danneggiare il microbiota intestinale, diminuendo i batteri buoni a favore di quelli patogeni. Inoltre la maggior parte dei cibi “free from” richiede processi produttivi più elaborati e questo incide sulla salute poiché la maggiore lavorazione di un alimento incide sul senso di sazietà, il contenuto di microelementi e l’assorbimento delle sostanze.

Su ciò l’Iss salute (Istituto superiore di sanità) è categorico. In assenza di una diagnosi di celiachia fatta da un medico con gli opportuni accertamenti clinici e diagnostici, privarsi di cibi contenenti glutine è sconsigliato.

In primis, perché non portare più a tavola i cereali contenenti glutine – come frumentoorzo e farro – vuol dire privarsi non solo delle principali fonti di carboidrati complessi, ma anche dei minerali, delle vitamine, delle proteine e delle fibre alimentari. Viene smontata anche la favoletta del dimagrimento.

Al contrario si rischia di perdere la linea.

Vediamone la ragione. In genere, i prodotti senza glutine che occhieggiano, ormai, anche dagli scaffali dei supermercati sviluppano un maggior numero di calorie rispetto al corrispondente alimento che contiene glutine, perché addizionati di grassi.

Altro aspetto da non trascurare?

Questi prodotti hanno un più elevato indice glicemico, quindi portano a un maggior aumento dello zucchero nel sangue dopo il loro consumo, e contemporaneamente hanno un minor effetto saziante.

La morale? Lasciamo a chi ne abbia necessità i cibi  free from, gli unici che ne hanno veramente bisogno per stare in salute. (FONTE: Bluedossier.it)

#freefrom  #Iss

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