Elif Shafak, “La bastarda di Istanbul”

DI MARIO MESSINA

Se ci si volesse esercitare nel compito di individuare la parola caratterizzante questo testo, questa andrebbe ricercata, a mio avviso, nel lemma conflitto.

Sono molteplici, infatti, i piani con cui il lettore è chiamato a confrontarsi: oriente/occidente; turchi/armeni; laicità/religione; giovani/adulti; storia/quotidianità.

Ogni aspetto della vita diviene così generatore di contrasti.
La bomba sembra sempre pronta ad esplodere. Che si tratti di massimi sistemi o di vicende più intime la miccia é sempre accesa.

È una vita che corrompe, vittima delle scorie del passato. Inquinata dagli stereotipi o dai silenzi.
Capace di tenerti fuori solo finché partecipi alla purezza dell’adolescenza.

Dopo persino gli unici due aspetti della vita che danno l’impressione di poter avvicinare, il cibo e la famiglia, diventano benzina sul fuoco.

Ma con un pregio chiarificatore:
il nemico non si trova fuori, non è lontano.
È più vicino di quanto si possa pensare.
È parte della nostra famiglia, è sangue del nostro sangue.

Immagine tratta dal web

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