Enea, semplicemente un uomo

DI ANTONIO MARTONE

 

Nel corso di una notte inquieta e segnata dal destino, l’ombra di Ettore morto fa visita in sogno ad Enea. Il fortissimo duce di Troia annuncia al vecchio compagno d’armi l’imminente quanto inevitabile caduta della città.

Enea – rapidamente destatosi – esce di casa però quando i guerrieri achei sono già usciti dal cavallo ed hanno aperto le porte invincibili di Troia all’esercito greco.

L’eroe vide in quegli attimi, come nel peggiore degli incubi, i suoi fratelli fuggire da ogni dove: grida lancinanti di invocazione e di dolore: donne stuprate, uomini barbaramente uccisi, le statue degli dei divelte e distrutte.
La sua patria bruciava casa per casa.

Enea era un grande guerriero e ne diede prova anche in quella occasione estrema. Organizzò una difesa per quel poco che poteva, fino a quando s’accorse che tutto era inutile. Si caricò sulle spalle allora il vecchio padre Anchise, colui che l’aveva concepito insieme alla Dea Afrodite, prese con sé il figlio Ascanio e la moglie Creusa, che poi perse nella concitazione della fuga avventurosa.

Enea non sapeva, allora, che, stando al racconto di Virgilio, stava andando a fondare una nuova città – Roma – che avrebbe retto per secoli i destini del mondo. Sapeva soltanto che bisognava salvare tutto ciò che poteva ancora essere salvato.

Mi ricordo dell’episodio di Enea tutte le volte che sono preso da un grande sconforto. Mi dico che soltanto chi ha la forza – quando sono crollati tutti i valori in cui credevamo e quando tutto sembra perduto – di dire: “non importa, continuiamo”, ebbene soltanto costui può dirsi non un eroe, ma semplicemente un uomo…

Un uomo che, nonostante tutto, mantiene integro se stesso: il suo passato, il suo presente e il suo futuro non possono smettere di vivere nella sua mente e nel suo cuore.

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