Era solo una Vespa, ma diventava un tappeto volante

DI GIOVANNI BOGANI

Non hai mai saputo neppure di quella notte che pioveva, pioveva, pioveva tantissimo, e la Vespa è finita a volare, proprio in cielo, con gli alberi che avevano una forma diversa, le chiome stavano in basso e le radici in su, e dopo un attimo che sembrava infinito, come Wil Coyote quando sta sospeso in aria, oltre il confine del burrone, è ricaduta giù, con fragore e curiosissimo sdegno, schizzando acqua con le sue ruote ancora in movimento, e io con lei, tutti giù per terra, lo schianto con l’auto all’incrocio era stato bellissimo, spettacolare, una delle cose più belle che ho visto nella vita.

Tutti giù per terra, l’acqua che scorreva sull’asfalto, la notte, l’uomo che usciva dall’altra auto, la Vespa riversa che rantolava, io che controllo mentalmente: il collo non è rotto, muovo la testa, muovo le mani, muovo le gambe, tutto a posto, solo qualche sbucciatura, è la Vespa che è stata spezzata in due, era un venerdì 17, di novembre, il mese più triste.

E la Vespa non è più tornata quella di prima, era piegata in due, forse avrei potuto salvarla, ma non sono capace di salvare le cose che si sono strappate, ferite, lacerate. Pagai di tasca mia tutte le spese del carrozziere dell’altra auto, perché scoprii di avere l’assicurazione scaduta da un mese.

Erano anni più selvaggi, o ero io più selvaggio. Il carrozziere, per rimettere un po’ della fiancata di quella Punto, chiese cinque milioni di lire, e io non potei protestare, mi faceva un piacere a evitarmi una denuncia. Quella notte andai in una farmacia a comprare un po’ di alcol e di cotone idrofilo, chiusi la Vespa in quella maledetta via dove nessuno dei due, con la pioggia battente, aveva visto l’altro e aveva frenato.

E tornai a piedi a casa, dove con cautela mi tolsi i jeans, per vedere quanto erano grandi i lividi e le macchie di sangue. Non molto, ero fortunato, oppure avevo imparato a cadere giocando a pallavolo senza ginocchiere.

Dopo i cinque milioni per la Punto bianca del vecchio signore che mi aveva investito, non avevo più soldi per la Vespa. Non ti dissi nulla, naturalmente, mamma. E la Vespa la lasciai morire, dopo che mi aveva portato in tutto il mondo, con quel suo bellissimo colore blu notte, che quella notte di pioggia aveva contribuito a renderla invisibile.

Di sicuro mi avresti aiutato a ripararla. Ma altrettanto di sicuro saresti morta di dolore, a pensare che potevo perdere la vita. Era bellissima, quella Vespa. Aveva una Pantera rosa dipinta davanti, proprio sotto il faro, dalla parte sinistra.

Era molto simpatica, quella Vespa. E quanto amore c’è salito sopra, quanto amore ha reso possibile, facendoci volare come su un tappeto volante.

Immagine tratta dal web

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