Una delle realtà che più mi colpiscono al mondo, talvolta fino al pianto, è l’amore dei “vecchi”.
Guardare quegli occhi rugati e quei corpi sofferenti, abbracciare con uno sguardo amorevole chi gli è stato compagno nella vita è una esperienza in cui si comprende fino in fondo che cosa siano i sentimenti profondi – quelli cioè in virtù dei quali la vita e la salute dell’altro è più importante della nostra stessa vita.
Parlavo con tanta gente, quando assistevo mio padre in ospedale. Ricordo in particolare, e con grande tenerezza, un sessantenne colpito da un grave infarto a cui la compagna teneva teneramente la mano.
Con una voce rotta nel contempo dal pianto e dalla malattia, quell’uomo ebbe la forza e il coraggio di dirmi: “Caro professore, io voglio vivere. E voglio vivere per godermi la mia compagna come finora non ho mai fatto.
Questo infarto ha portato anche una cosa buona: un amore per lei, tale che mi sembra di averla conosciuta solo ora. Sì, professore: quando questa faccenda sarà finita, faremo un nuovo viaggio di nozze”.
Mentre lui parlava, lei lo guardava estasiata.
Ernesto – si chiamava così quel mio amico di giorni drammatici – morì in ospedale, la mattina di un rigido e nebbioso mattino di gennaio.
Da non credente, spero con tutto il mio cuore che il viaggio di nozze fra lui e la sua bella sia soltanto rimandato.
Immagine tratta dal web
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