Esce dal carcere per ‘fine pena’ Giovanni Brusca. Sciolse nell’acido il piccolo Di Matteo

di Chiara Farigu

Per Giovanni Brusca si sono aperte ieri le porte del carcere, è libero, ha pagato il conto con la giustizia. Come prevede la legge sui pentiti di mafia.

Ma la sua scarcerazione sta provocando, com’era prevedibile, critiche feroci  tra i comuni cittadini e anche nel mondo della politica.  Brusca non è stato un mafioso qualunque, non per niente veniva chiamato lo ‘scannacristiani’.  Al suo attivo crimini efferati,  150 omicidi  durante la stagione della prepotenza assoluta della Mafia. Fu lui a premere il telecomando a Capaci che provocò la morte del giudice Falcone. E fu ancora lui a sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe  Di Matteo, la cui unica colpa è stata quella di essere figlio di un padre che “ha fatto il cornuto”.

Agghiacciante il suo racconto nel ricordare davanti ai giudici come si svolsero i fatti e poi,  come se niente fosse, lui e il compare se ne andarono a dormire. Mentre di quel bambino non restava più nulla. Nessun rimorso. Nessun dolore per quel delitto così orribile.

“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello, e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso”. 
Sono le parole di Maria Falcone. Parole che solo una donna di simile caratura morale poteva pronunciare. Fortemente critici e preoccupati invece i  familiari delle altre vittime che, al pari di moltissimi cittadini comuni pensano che criminali di tal portata debbano finire la loro esistenza dietro le sbarre. ‘Lo Stato ci rema contro. Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l’uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero. Sono indignata, sono veramente indignata’, grida così il suo dolore Tina Montinaro, la vedova del caposcorta del giudice Falcone.
E invece, a 64 anni e dopo soli 25 anni di galera, Brusca, uno dei boss più crudeli e disumani  che la storia della mafia possa annoverare, ‘il macellaio’, altro epiteto che lo rappresenta in tutta la sua efferatezza,  torna libero e addirittura con uno sconto di 45 giorni per ‘buona condotta’.
E’ la legge certo. Ma è veramente dura da mandare giù.
Il dolore e la rabbia delle vittime e dei loro familiari lo comprendo e lo rispetto nel profondo. Eppure non vedo scandalo nella notizia di ieri, peraltro nota e attesa da molti anni.
Con Brusca, infatti, lo Stato ha vinto non una ma tre volte.La prima quando lo ha arrestato, perché era e resta uno dei peggiori criminali della nostra storia per numero di reati e ferocia. La seconda quando lo ha convinto a collaborare: le sue dichiarazioni hanno reso possibili processi e condanne e hanno fatto emergere pezzi di verità fondamentali sugli anni in cui Cosa nostra ha attaccato frontalmente lo Stato. La terza ieri, quando ne ha disposto la liberazione dopo 25 anni di carcere, rispettando l’impegno preso con lui e mandando un segnale potentissimo a tutti i mafiosi che sono rinchiusi in cella e la libertà, se non collaborano, non la vedranno mai.
Ora lo Stato dovrà proteggere Brusca: è un dovere perché è importante che Brusca resti vivo e possa andare a testimoniare nei processi. Oltre al punto morale c’è un interesse specifico, quasi egoistico, affinché le sue parole possano essere ripetute nelle aule di giustizia dove servono per condannare mandanti ed esecutori di omicidi e stragi, così commenta nel suo profilo FB Pietro Grasso, ex presidente del Senato, nel mirino, a sua volta, in quegli stessi anni, della mafia che  aveva pianificato il rapimento del figlio oltre alla sua morte.
Niente da eccepire. Anche perché tutto è avvenuto nel rispetto della legge. La stessa peraltro voluta da Falcone.  
Ma è veramente dura da mandare giù. 
*Immagine di copertina Agi

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche