C’è un fascino forte e terribile nel sentirsi estranei. Estranei, lontani dalle cose, indifferenti alle emozioni di sempre: ritrovarle svuotate, come un uovo di cui è rimasto soltanto il guscio.
Allora, bisogna fare soltanto l’ultimo passo: il coraggio di diventare estranei anche a sé stessi e alla propria estraneità. Tutto questo però senza vanità. Senza orgoglio.
Lasciando soltanto che il vuoto penetri dentro, fiocco dopo fiocco, come in una placida notte di neve. Aspettando un mattino in cui, guardando intorno a noi, vedremo soltanto coltri depositate, pesanti, su una tenera pianta con un solo fiore.
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