Facciamo la pace?

DI GIOVANNI BOGANI

 

“Facciamo la pace?”.

Quando ci arrabbiavamo – e credo che fossero i nostri passatempi preferiti – eri l’unica che riusciva a dirlo. Né io né papà ci riuscivamo, vittime del nostro orgoglio.

Papà si chiudeva nello studio e non parlava. Io stavo nella mia stanza. Soffrivamo, ma non facevamo nessun passo per la riconciliazione.

Tu sì.

Ti avvicinavi, e dicevi “vien via, facciamo la pace”. Non mi sono mai reso conto che, in questa famiglia strana, moderna e così tradizionale allo stesso tempo, piena di rispetto e amore per te ma anche incapace di vederti davvero per come eri, in questa famiglia di dolori, di sofferenze e di scontri, in questo microcosmo di permalosi eri l’unica a sciogliere i ghiacciai.

Eri l’unica a saper districare i fili di quei grovigli di rabbia che ci soffocavano, come il mio cordone ombelicale stretto tre volte attorno al collo.

E poi fare la pace era una cosa bella, ed era l’unica cosa che ci meritavamo.

In qualche modo, cerco di fare la pace con queste pagine. Non ho più molto altro: il mondo, questo sulla terra, si sta allontanando da me, ogni tanto me ne accorgo, ogni tanto no. Ma se ci penso, lo so.

E allora, è meglio che faccia la pace, almeno con te. Non ci sono figli, per me, a cui dire “facciamo la pace?”. Non ci sono neanche mogli. Con me stesso, in fondo, sono in pace. Ho fatto poco, nella mia vita: direi che ho cantato un po’ di canzoni, fatto un po’ di giochi, guardato dei film e giocato a fare quello che conosce il cinema.

Ho guadagnato un po’ di soldi, ho potuto mangiare ogni giorno, ho visto qualche paese del mondo, qualche briciola dell’universo, e me ne andrò senza aver visto gran parte del resto. Mi sono commosso ascoltando qualche canzone, vedendo qualche film, lasciando andare via qualche donna.

Non ho fatto molto di più, non lascio niente, della mia sensibilità e dell’intelligenza di quando avevo cinque anni è rimasto poco, non sono più un bambino prodigio, e ho fatto la fine che fanno molti di loro, seppelliti dal tempo. Ho perso tante volte l’aereo, mamma, e sono sempre in questa stanzina, questo quarto piano che non guarda neanche più l’infinito.

E quello che posso fare, quello che di meglio posso fare, è chiederti se facciamo la pace. Se per tutti noi c’è qualche scheggia di vita oltre la vita, verrò a dirtelo, appena arrivo. Intanto te lo scrivo qui. Fare la pace con te sarebbe una delle cose più belle che mi possono capitare.

Immagine tratta dal web

 

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