Film da vedere (o rivedere): ‘Good morning, Vietnam’, di Barry Levinson. Con Robin Williams

di Luca Biscontini

Good morning, Vietnam  un film del 1987 diretto da Barry Levinson. Il film tratta della permanenza a Saigon, durante la guerra del Vietnam, del disc jockey dell’aviazione Adrian Cronauer, a cui viene affidata la conduzione della radio, che gli regala moltissima popolarità ma anche non pochi detrattori tra i suoi superiori.

Robin Williams vinse un Golden Globe per la sua interpretazione e ricevette una candidatura all’Oscar. Con Robin Williams, Tung Thanh Tran, Chintara Sukapatana, Forest Whitaker.

Trama
Siamo nel 1965 e la radio delle forze armate in Vietnam ha un nuovo d. j., Adrian Cronauer, che diventa in breve amatissimo dai soldati per la sua alluvionale e irriverente irruenza; per lo stesso motivo invece i superiori lo detestano. Adrian conosce la giovane Trinh, ma la ragazza lo tiene a distanza. Si salverà dai vietcong, ma capirà l’avversione che gli americani suscitano nella popolazione.

“Ispirata alla storia vera di Adrian Cronauer, una pellicola che omaggia efficacemente il noto speaker radiofonico (quarantanovenne all’epoca dell’uscita del film) che ha anche collaborato alla sceneggiatura scritta da Mitch Markowitz.

Robin Williams (vincitore di un Golden Globe) lo interpreta al meglio e riesce a restituire sullo schermo tutta la sua carica eversiva. Il complicato bilanciamento tra la scatenata verve comica dell’attore e la cruda realtà della guerra è il vero punto di forza di un’operazione ben equilibrata, valorizzata da un notevole ritmo e da una serie di dialoghi scoppiettanti. Peccato però che sul finale venga lasciato troppo spazio ad alcuni passaggi melensi e stucchevoli, inevitabili forse in una produzione targata Disney. Oltre alla prova dell’attore protagonista, intense  sono le performance di Forest Whitaker e di Bruno Kirby.

La colonna sonora, che si rifà al periodo di riferimento, è inevitabilmente esplosiva: dai Beach Boys, passando per Martha Reeves & The Vandellas, fino ad arrivare all’irrefrenabile Wooly Bully dei Sam The Sham & The Pharaohs”.
(LongTake)

Luca Biscontini per MondoSpettacolo

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