Film da vedere (o rivedere): ‘Per un pugno di dollari’ di Sergio Leone. Con Clint Eastwood

di Luca Biscontini

Per un pugno di dollari è un film del 1964, il primo della cosiddetta trilogia del dollaro (insieme a Per qualche dollaro in più, 1965, e Il buono, il brutto, il cattivo, 1966), diretta da Sergio Leone e interpretata da Clint Eastwood. Caposaldo del genere spaghetti western, viene erroneamente considerato il primo film del genere: in Europa, prima del 1964, erano usciti diversi western, senza però riscontrare lo stesso successo. Per un pugno di dollari, d’altro canto, reinventò il genere, ormai in declino, ridefinendo gli archetipi del western. Il film è il remake di La sfida del samurai (Yojimbo) di Akira Kurosawa. Poiché era il primo film di questo genere a essere mostrato negli Stati Uniti d’America, molti membri della troupe e del cast assunsero nomi statunitensi: Sergio Leone usò il nome Bob Robertson (in memoria di suo padre Vincenzo, noto con il nome d’arte di Roberto Roberti), Ennio Morricone firmò la colonna sonora con lo pseudonimo Dan Savio (ma in alcuni titoli è rinominato Leo Nichols), mentre Gian Maria Volonté appare con il nome John Wells. La colonna sonora, che ebbe un grande successo anche sul mercato discografico, è celebre per il brano fischiato, eseguito dal maestro Alessandro Alessandroni. Con Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Marianne Koch, Josef Egger, Wolfgang Luschky.

Trama
Un pistolero solitario arriva a San Miguel, sul confine con il Messico. Qui le famiglie dei Rojo e dei Morales si fanno la guerra da anni per il controllo del contrabbando. Il nostro eroe fa il doppio gioco, cercando di aizzarle allo scontro finale. Scoperto e torturato, torna per consumare una tremenda vendetta, dopo che i suoi torturatori sono riusciti nel frattempo a eliminare tutti i loro avversari.

Per un pugno di dollari debutta con un titolo animato, in rosso e nero (il sangue e la morte), sul quale delle sagome di cowboy si sparano le une sulle altre. Vera danza funebre che prende in prestito tanto dal fumetto quanto dall’astrazione, l’apertura del film rivela contemporaneamente una volontà di celebrare la retorica del film western classico (il momento del duello ridotto qui a una serie di posture stilizzate filmate in ombre cinesi) e per fare letteralmente in frantumi, il progetto di un faccia a faccia esplosivo tra generi, il western americano, ed un progetto estetico, il suo doppio transalpino, fondato sulla sua decostruzione. È affascinante constatare quanto, già nei suoi primi western, Sergio Leone possieda una visiona già molto sicura del suo territorio artistico e una retorica affermata. In cento minuti, Leone procede allora ad una rifusione irreversibile del western. Le posture ieratiche dei personaggi, la trasgressione delle regole del genere (che impongono per esempio di non mostrare nello stesso piano il tiratore e la sua vittima), il sistematico rifiuto di ogni psicologia e di ogni morale tradizionale, il sottile mélange di divertimento e violenza e, infine, la partizione pop di Ennio Morricone a base di chitarre elettriche, di tamburi e di schiocchi di frusta, a mille pentagrammi di musica sinfonica del western classico, contribuiscono a fare di Per un pugno di dollari un racconto per adulti senza equivalenti nel cinema dell’epoca. Cioè un miscuglio di fiaba moderna e di realismo meticoloso nutrito dalle eredità del neorealismo e la passione documentaria di Leone per la storia dell’ovest. Lerci, mal rasati (…) ed il viso grondante di sudore, i cacciatori di taglie di Leone rivoluzionano la rappresentazione del cowboy ed impongono una iconografia iperrealista di cui il western americano non potrà ormai più fare a meno”.
(Jean-Baptiste Thoret, Sergio Leone, Cahiers du cinéma, Paris, 2007)

Luca Biscontini per MondoSpettacolo

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