Fuori con Kira

DI VANNI CAPOCCIA

Fuori con Kira,

con Kira stiamo invecchiando insieme, e come tutti gli anziani ci impuntiamo sulle cose da fare: la sera io vorrei andare verso la piazza di Monteluce lei, invece, tira per una strada poco illuminata con noi due costretti a camminare in mezzo alla strada. E così mentre lei odora un po’ qua e un po’ là non mi rimane altro che guardare le finestre illuminate in uno “steccone” di palazzi.

Ed immagino. In quel seminterrato non c’abiterei manco da morto, dietro quella finestra c’è una coppia giovane chissà se avranno figlioli, lì mi sa che c’abitano i mussulmani con la moglie integralista intabarrata da cima a fondo, quello lì che arriva con il macchinone e tutte le sere prima di salire in casa armeggia sul telefonino per dieci minuti c’avrà l’amante?

Così, sera dopo sera, aggiungo pensieri a pensieri, pettegolezzo a pettegolezzi.

Oggi, ultimo dell’anno, Io ho tirato da un lato, Kira dall’altra, come al solito l’ha avuta vinta lei.

Le luci alle finestre erano sempre le stesse, nessuna differenza con i giorni precedenti. Diversi sono stati i pensieri. Ho rimuginato che oggi è una Capodanno diverso dal solito. Una festa più profonda, dove conta non l’esserci ma l’essere compresenti l’uno all’altro. Una festa come quella che il nostro rivoluzionario nonviolento Capitini fa così intensamente sentire nel “Colloquio corale”.

Ho pensato che come sarà il nuovo anno dipenderà anche da noi. Dai tutti che oggi sono rimasti a casa come le persone dietro le luci con le quali stasera Kira e io siamo stati un colloquio. E che lo hanno fatto non per rispetto delle regole ma per rispetto di tutti (un “tutti” capitiniano dove c’è il tu, tutte e tutti), per “amare, rinascere insieme”.

Appena a casa ho preso il “Colloquio corale”. Finisce così:

“Buona notte ad amici e ad ignoti,
ai morti riveduti nel lampo della festa:
come ognuno ama in atto tutti,
così tutti il sonno unisca, disceso senza lotta:
entriamo pacati nella notte grati alla festa,
dopo esserci aperti a lei”