Gino Severini, “Paesaggio toscano”

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Definire Gino Severini futurista è corretto, ma non sufficiente, poiché mentre è fuor di dubbio la sua adesione al movimento – l’artista ne sottoscriverà entrambi i manifesti.

Egli non arriva a prescindere dalla propria formazione culturale, mantenendosi, rispetto ai colleghi, differente ed originale.
Innanzitutto nelle sue opere è riscontrabile una preponderante serenità, ben visibile nell’utilizzo dei cromatismi, questi ultimi caratterizzati da tonalità radiose e vivaci, inoltre occorre tenere presente come l’autore italiano, tale di nascita ma parigino d’adozione.

Sarà egli stesso ad indicare là Ville Lumière come riferimento inoppugnabile alla propria maturità – si rivela pioniere e ricercatore dell’evoluzione pittorica tra le due guerre.

Nel 1916, peraltro, condividendo un’impostazione quotidiana molto vicina al percorso artistico di Pablo Picasso, Severini avverte la forte necessità di un ritorno ad una dimensione compositiva non distante da quel formalismo pittorico da cui si era allontanato a causa dell’avanguardia, peraltro condivisa per un periodo di tempo relativamente modesto…

Il ruolo determinante di un artista completo, in grado di riflettere criticamente su modi e modalità di fare arte, operando nella più totale libertà e sviluppandone le tendenze su piani paralleli.

Sostenitore concreto della cosiddetta teoria bergsoniana, elaborata dal filosofo francese Henry Bergson in un’ottica di continuità spazio-temporale, egli condivide la concezione secondo cui gli oggetti ricadenti sotto i nostri occhi non vengono, in realtà, guardati, ma piuttosto riconosciuti, secondo la fitta rete di rapporti caratterizzanti le esperienze precedenti al riguardo.

La presenza in altri contesti, unita alla eventuale combinazione con altri elementi, anche materiali, comporta una sorta di riformulazione pittorica di quella teoria delle analogie che Filippo Tommaso Marinetti sostiene a livello letterario.

La dicotomia tra analogie reali ed analogie apparenti spiega la caratteristica evoluzione di movimenti e contrasti riscontrabili nelle sue opere, che pur originando da sensazioni immediate e superficiali, contribuiscono ad approfondirne il valore espressivo.

Egli procede oltre la rappresentazione della realtà, sconfinando nell’astratto ed assecondando un percorso in cui pensiero e fantasia divengono protagonisti della creazione di una serie di parallelismi collegati e concatenati.

Paesaggio toscano, del 1912, è una preziosa testimonianza in tal senso, allo stesso modo di Luce+velocità+ rumore – un dipinto dell’artista risalente al 1915, di cui si erano perse le tracce e ritrovato dopo quasi un secolo – trattandosi di ricercate evoluzioni pittoriche risultanti da complessi approfondimenti dei fermenti sperimentali dell’epoca, occorrendo inoltre considerarla, tutto sommato, ridotta permanenza di Severini nel movimento avanguardista, presto riconquistato da un’esigenza classica e tradizionale, ad esempio ben visibile in Maternità, del 1916, struggente ricordo in memoria del figlio prematuramente scomparso, immediatamente comparabile ad opere simili di Picasso, come il Ritratto di Olga…

Gino Severini 1883 – 1966
Paesaggio toscano (1912/13)
Olio su tela (65 x 50 cm)
Milano – Museo del 900

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