Giovani né svogliati né viziati, solo stanchi di essere sottopagati

di Michele Piras

Una politica salariale del tutto nuova renderebbe immediatamente ovvia la scelta fra reddito di cittadinanza e lavoro.
Perché con 700€ non campi, al massimo sopravvivi.
I giovani non sono né svogliati né viziati e tutto questo accanirsi di accuse e luoghi comuni contro di loro ha rotto le scatole a sufficienza.

E il moltiplicarsi di interviste di imprenditori che non trovano dipendenti e che lamentano troppo assistenzialismo, mentre hanno passato tutta la pandemia a chiedere (anche giustamente) ristori è stucchevole.
I salari in questo Paese sono sostanzialmente fermi da decenni e le forme contrattuali precarie si sono volute moltiplicare all’infinito, senza mai nemmeno prevedere uno scambio fra inferiori garanzie e maggiore reddito.
Gli adeguamenti dei contratti al costo reale della vita sono ormai solo il sogno di un passato lontano, ritenuto superato dalle sorti luminose e progressive del libero mercato.
Da decenni ormai esistono categorie di working poors, che non arrivano a fine mese nemmeno se lavorano.
E i livelli medi delle buste paga italiane, gonfie di tasse che si sottraggono al lavoratore, sono da tempo fra i più bassi d’Europa.
I nodi sono arrivati al pettine.
Allora il punto non sono i giovani o gli anziani, il reddito di cittadinanza o le politiche di welfare, peraltro falcidiate nell’ultimo trentennio.
Il nodo per noi è il Paese, quello che vogliamo.
Quello nel quale il lavoro è un diritto, quello nel quale col lavoro non crepi di fame e fatica, ma costruisci il tuo futuro.

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